Segue l’articolo :
Dr. Filippo Santarcangelo, Dr Arnaldo Castellucci
Perchè irrighiamo?
Il successo di un trattamento endodontico in accordo con quanto enunziato dal Prof.Schilder, padre della moderna Endodonzia, dipende dall’abilità dell’operatore nel detergere meccanicamente e chimicamente il sistema dei canali radicolari e poi nell’otturarlo tridimensionalmente . 1
L’endodonto si compone di spazi facilmente accessibili agli strumenti rotanti e manuali (canali principali) e, così come confermato da numerosi studi clinici ed istologici, di spazi difficilmente accessibili o del tutto inaccessibili (delta, anse, istmi, canali laterali ed accessori e tubuli dentinali) .
In modo particolare, canali laterali ed accessori si ritrovano con frequenza significativa soprattutto nel terzo apicale della radice e nelle forcazioni dei molari.
La sagomatura canalare non è in grado di raggiungere alcune aree che risultano non toccate dagli strumenti, indipendentemente dalla tecnica adoperata ; e quasi metà dell’endodonto rimane, dunque, non trattato.2
La complessità dell’endodonto può essere, perciò, uno dei fattori determinanti l’insuccesso della terapia canalare e possono andarvi incontro anche elementi dentari ben trattati, a causa degli spazi irregolari e talora imprevedibili che caratterizzano i canali radicolari .3-4
Alla luce di quanto detto, una delle sfide più entusiasmanti dell’endodonzia moderna è rappresentata dalla detersione biochimica dell’endodonto (sondabile e non); questo, una volta deterso lege artis, potrà in egual modo essere riempito e sigillato da cemento e guttaperca al momento dell’otturazione.
L’irrigazione dunque riveste un ruolo cruciale nel determinare l’esito della terapia canalare.
Quali irriganti adoperare? Una scelta basata sull’evidenza scientifica.
Ricordo che ai tempi dell’università , accompagnai mio padre dal suo dentista, dato che si doveva sottoporre ad una terapia canalare . Mi colpì particolarmente il fatto che freneticamente alternasse lavaggi di amuchina a lavaggi di acqua ossigenata, e gli chiesi il perché di questa procedura.
Mi rispose che così gli era stato insegnato, senza motivare in maniera critica la sua scelta.
In ogni campo della medicina l’operato del clinico deve seguire la logica e deve essere supportato dalla letteratura.
Dunque, per operare una scelta razionale degli irriganti bisogna prima rispondere a questa domanda: ”che cosa vogliamo rimuovere dai canali?”
La risposta è semplice, vogliamo sbarazzarci di tessuto organico (polpa), batteri e tossine, ed inoltre dei detriti organici e di quelli inorganici che inevitabilmente i nostri strumenti, manuali e rotanti producono.
A questo punto la scelta sarà facile e naturale.
La letteratura ha ormai evidenziato come l’irrigante canalare di elezione sia l’ipoclorito di sodio alla concentrazione consigliata del 5.25% in quanto in grado di dissolvere la sostanza organica ed eliminare la carica batterica ed il biofilm all’interno dei canali. 5-10
La completa detersione viene realizzata associando una sostanza in grado di eliminare la componente inorganica creatasi dopo la strumentazione, pertanto è necessario utilizzare una sostanza chelante del calcio quale l’EDTA al 17% o l’Acido citrico al 10% . 11-14
La clorexidina in soluzione acquosa al 2% è stata suggerita per l’azione irrigante del sistema dei canali radicolari. Essa offre un potere antibatterico, ma è sprovvista di azione solvente del materiale organico ed inorganico. 15-16
Inoltre mescolare Ipoclorito di sodio e clorexidina genera un composto tossico e cancerogeno definito paracloroanilina: il suo utilizzo come irrigante canalare pertanto non è raccomandabile. 17
Come irrigare?
Purtroppo ancora oggi la detersione biochimica è la parte della terapia canalare la cui importanza è meno riconosciuta e sotto-stimata dalla maggior parte dei clinici, e prova ne è il fatto che molti colleghi , per la maggior parte dentisti generici, sono soliti irrigare con comuni siringhe ed aghi da iniezione intra -muscolare. (FIG 1)
FIG 1: Molti tuttora irrigano così…

Data la grossa taglia degli aghi, questi si affacciano al massimo all’imbocco canalare e dunque l’irrigazione si riduce ad un semplice ricambio di irriganti in camera pulpare.
Al contrario le soluzioni irriganti dovrebbero bagnare per intero il sistema dei canali radicolari ed è auspicabile che detergano quelle aree che i nostri strumenti non sono in grado di raggiungere.
Così facendo, nella fase di otturazione, la guttaperca resa plastica dal calore può riempire quegli spazi resi pervi dagli irriganti.
Come un chirurgo asporta per intero una area infetta ed infiammata così noi dovremmo trattare per intero il sistema dei canali radicolari e gli irriganti dunque sono il prolungamento delle nostre mani e dei nostri strumenti.
Se ammettiamo dunque l’importanza della irrigazione dobbiamo ammettere che essa non può essere improvvisata e necessita di strumenti dedicati e tecnologicamente avanzati.
Esistono essenziale due filosofie.
La prima si basa su sistemi tradizionali a pressione positiva, che spingono gli irriganti nei canali a mezzo di siringhe ed aghi dedicati dai design più svariati. 18
La seconda, al contrario, impiega i nuovi sistemi a pressione negativa in cui l’irrigante rilasciato in camera pulpare viene richiamato all’interno del canale per aspirazione grazie ad una microcannula aspirante. 19-21
Qualsiasi sia la tecnica adoperata, tanto più prossimo al forame apicale è il rilascio degli irriganti tanto maggiore sarà la qualità della detersione.
Per quanto tempo irrigare?
Con l’avvento del NI-TI in endodonzia è ormai possibile sagomare un canale in pochi minuti ma questo non significa che i canali siano già pronti per essere otturati e sbagliano tutti coloro che frettolosamente otturano al termine della sagomatura, by-passando la fase di irrigazione canalare o praticandola senza dedicarvi tempo a sufficienza.
Numerosi fallimenti attualmente sono dovuti paradossalmente alla velocità della sagomatura, al termine della quale non segue un tempo adeguato di irrigazione.
Al contrario è ragionevole e proficuo investire il tempo risparmiato grazie alle veloci sagomature eseguite con strumenti in nickel-titanio, in manovre di detersione biochimica che innalzeranno la qualità del trattamento canalare.
Probabilmente in virtù delle molteplici variabili legate all’operatore, all’anatomia canalare e alle proprietà fisico-chimiche dell’ irrigante in letteratura non abbiamo indicazioni precise sui tempi da dedicare all’irrigazione. 22
Piuttosto a guidarci sono i pareri dei clinici più illuminati.
Il dott. Buchanan ci ricorda che: “Perchè l’ipoclorito di sodio sia efficace è richiesto un contatto diretto dello stesso con le pareti canalari al termine della sagomatura di circa 20-40 min al fine disinfettare e dissolvere il tessuto organico ancora presente”. 23
Mi piace in conclusione ripetere questo concetto: anche se è venerdì pomeriggio, stai trattando l’ultimo paziente, hai la mente rivolta al week-end e la sagomatura è stata particolarmente facile e veloce, resisti alla tentazione di otturare immediatamente i canali se prima non li hai irrigati a sufficienza.
Perciò passeggia per lo studio, fai un po’ di stretching, gusta un buon espresso, oppure perché no, telefona a colleghi ed amici, rispondi alle mail….e stai sereno che gli irriganti stanno lavorando per te all’interno dei canali!
Dai fallimenti si impara!
Dieci anni fa uno fra i miei amici più cari accusò un forte dolore localizzato all’ incisivo laterale superiore sinistro, così lo ricevetti in studio in urgenza.
Si trattava di una periodontite apicale acuta e l’esame radiografico evidenziò un precedente trattamento canalare incongruo che raggiungeva a stento la metà della radice ed una piccola radiotrasparenza periapicale.
Decidemmo di programmare il ritrattamento per il giorno successivo.
Fin dall’inizio mi resi conto che Il canale era molto largo e fortunatamente pervio sotto la vecchia otturazione perciò determinare la corretta lunghezza di lavoro e sagomare per intero il canale risultò essere molto semplice e veloce.
Si trattava probabilmente di uno dei casi più facili mai capitatimi fino ad allora, così Irrigai frettolosamente con ipoclorito di sodio nella convinzione, errata , che l’irrigante in un canale così ampio potesse esplicare la sua azione di disinfettante con altrettanta rapidità.
Dopodiché, otturai verticalmente a caldo con guttaperca e cemento.
Sei anni dopo il mio amico si presentò un mattino in studio con viso gonfio e dolorante a causa di un ascesso a carico dello stesso incisivo, il quale all’esame rx mostrava una radiotrasparenza 5 volte più grande rispetto a quella presente prima del mio trattamento. (FIG 2)
Nonostante la mia otturazione canalare sembrasse perfettamente in apice, il caso era miseramente fallito ed allora, cosa poteva essere accaduto?
Poco il tempo dedicato all’irrigazione?
Deficitaria la penetrazione degli irriganti nel terzo apicale?
FIG 2: RX pre-operatoria in cui si evidenzia ,nonostante l’otturazione sembri correttamente eseguita, una grossa lesione periapicale e di dimensioni maggiori rispetto a sei anni prima.
Enormemente deluso e dispiaciuto gli prescrissi antibiotici e una settimana dopo ritrattai nuovamente il dente.
Una volta rimossa la guttaperca vidi che i miei strumenti rotanti rimuovevano dalle pareti canalari detriti di colore grigio scuro a dimostrazione della inadeguata precedente detersione. (FIG 3)
Questi detriti probabilmente impedivano a guttaperca e cemento di sigillare tridimensionalmente il canale.
FIG 3: Gt rotary 40-08 con spire cariche di detriti infetti.

Data la precedente esperienza questa volta dedicai alla detersione biochimica gran parte del tempo del ritrattamento ma soprattutto veicolai e rinnovai gli irriganti fino al forame grazie ad una microcannula aspirante posizionata alla piena lunghezza di lavoro e dunque praticando una tecnica di irrigazione a pressione negativa. (FIG 4)
In questo tipo di tecnica l’irrigante depositato in camera pulpare viene richiamato dalla microcannula all’interno del canale e fino alla punta della stessa microcannula.
FIG 4: Determinazione della lunghezza di lavoro. Come verificatore è stata adoperata una microcannula in acciaio (essendo cava è meno radio-opaca di un k-file) a dimostrazione del fatto che l’irrigazione è stata praticata fino al forame ed in modo sicuro(safe), tattandosi di una tecnica a pressione negativa.

Il caso fu poi concluso con otturazione verticale a caldo.
Il controllo rx effettuato ad un anno mostrò un netto miglioramento e il controllo a tre anni la guarigione. (FIG 5-7)
FIG 5 : Otturazione verticale a caldo

FIG 6 : controllo ad un anno: netto miglioramento con riduzione della radiotrasparenza
FIG 7 : controllo a tre anni. Il caso è guarito. (resolution)
Questo caso dimostra come sia una strategia intelligente investire un tempo adeguato nell’irrigazione ed inoltre sia importante arricchire l’armamentario endodontico con le nuove tecnologie dedicate all’irrigazione.
Mi piace definire l’irrigazione endodontica “tempo e tecnologia-dipendente”!
Come potenziare l’irrigazione? Alla ricerca dello strumento ideale…
La letteratura dimostra che se l’ipoclorito al 6% è posto a diretto contatto per un tempo adeguato ed in adeguati volumi con la polpa è in grado di digerirla completamente e lo stesso può fare nei confronti di batteri (anche sotto forma di biofilm), virus e spore, distruggendoli.
Analogamente un chelante del Calcio come l’Edta al 17% è dimostrato essere perfettamente in grado di rimuovere la componente inorganica dai canali.
Allora perché potenziare gli irriganti?
Le tecniche di potenziamento come ultrasuoni o subsuoni, vengono spesso proposte da alcuni clinici e ricercatori per permettere in primis di accelerare e migliorare le reazioni biochimiche fra irrigante e substrato e in secondo luogo per mobilizzarli dato il timore che l’irrigante non raggiunga l’intera superficie canalare compreso l’endodonto non sondabile.
Allo stato attuale esistono apparecchiature dedicate alla detersione come aghi sottili e flessibili o microcannule aspiranti, dunque la distribuzione delle soluzioni irriganti per l’intera lunghezza canalare non può essere considerato un problema; la questione da risolvere è un’altra.
L’intimo contatto fra pareti canalari e irriganti è impedito da quel film di detriti che si depone sulle pareti dopo la sagomatura per effetto dei nostri strumenti.
Gli irriganti prima di arrivare a diretto contatto con le pareti canalari devono” lavorare parecchio” per sciogliere questo strato di detriti; ed allora se vi fosse uno strumento che velocemente lo distaccasse consentiremmo immediatamente ai nostri irriganti di agire a livello della superficie canalare ormai “nuda”.
Questo strumento dovrebbe fra l’altro agire a livello delle pareti canalari senza produrre altri detriti…
Faccio ora una rapida digressione.
Un esempio lampante di ergonomia sono le casalinghe: devono svolgere numerose mansioni ,lo devono fare bene e nel minor tempo possibile.
Fra le varie cose da fare, devono lavare i piatti e tegami sporchi rimuovendovi il grasso presente sulle superfici: dunque non si limitano a depositarvi un detersivo aspettando che agisca, ma grattano con spugne e spazzole sulle superfici per permettere al prodotto di agire con efficacia.
Analogamente noi endodontisti non dovremmo semplicemente depositare l’ipoclorito nei canali aspettando che miracolosamente rimuova la patina di detriti dalle pareti,le disinfetti e penetri infine nei canali laterali, nei delta apicali e nei tubuli dentinali!
Ecco perché nella mia pratica quotidiana ho sentito il bisogno di introdurre delle spazzole canalari che costruisco da me ,utilizzando aghi da irrigazione (FIG 8) dotati di setole che monto appositamente su comodi manici in silicone identici a quelli dei k-file al fine di averne un migliore controllo. (FIG 9 -10- 11)
Al termine della sagomatura ,sia durante i lavaggi con ipoclorito sia con edta, muovo questi spazzolini “artigianali” in su e giù e con movimento di spazzolamento, per mettere in sospensione ciò che è spalmato sulle pareti canalari.
Da un punto di vista clinico il tutto mi dà grande soddisfazione, perchè ho notato che le soluzioni irriganti si intorpidiscono dopo questo brushing, a dimostrazione della mobilizzazione dei detriti e dunque della bontà della metodica.
FIG 8 : ago dedicato all’irrigazione munito di setole: con un disco da laboratorio rimuovo gli ultimi due millimetri che sono privi di setole, rimuovo l’attacco in plastica e poi lo monto su un manico in silicone.

FIG 9: spazzola endodontica
FIG 10: particolare delle setole utili a mobilizzare i detriti spalmati sulle pareti.
FIG 11: la spazzola ha un’anima in acciaio , dunque è possibile pre-curvarla
LIMITANTI ANATOMICHE
Le difficoltà in endodonzia sono in genere negli ultimi millimetri del canale e cioè nel terzo apicale dove, giova ricordarlo, sono localizzate più del 90% delle porte di uscita.
Il terzo apicale è di per se stesso stretto e profondo, dunque deve essere adeguatamente raggiunto dalle soluzioni irriganti.
Ma non è tutto.
Uno degli imperativi dell’irrigazione.endodontica. è il rinnovamento degli irriganti in profondità , nel terzo apicale.
Infatti a causa del noto potere tampone della dentina, l’irrigante col passare del tempo, perde la propria efficacia e dunque risulta indispensabile rinnovarlo.
Acclarate dunque la necessità non solo di portare ma anche di rinnovare le soluzioni irriganti nel terzo apicale a complicare le cose arriva l’anatomia.
L’anatomia detta limitazioni ad ogni parte del trattamento canalare, irrigazione compresa.
Le difficoltà infatti aumentano se il terzo apicale si trova in cima ad un canale lungo oppure stretto o peggio ancora dopo una curva.
In altre parole in queste anatomie così come risultano più difficoltose la sagomatura e l’otturazione allo stesso modo risulta più difficoltosa l’irrigazione.
Il successo del trattamento in questi casi dipende proprio dalla abilità dell’operatore di sagomare ,detergere ed otturare per intero il canale radicolare nonostante questo possa essere stretto, curvo o lungo. (FIG 12-19)
FIG 12: Molare inferiore pilastro di ponte in periodontite apicale acuta: si noti la radiotrasparenza periapicale.
FIG 13: La radice distale presentava curva improvvisa negli ultimi 3 mm, perciò la sagomatura del terzo apicale è stata effettuata solo con strumenti manuali; prima i k.files, poi i GT .manuali sono stati precurvati con l’Endobender, pinza che consente di effettuare precurvature senza danneggiare le lame degli strumenti.
FIG 14 e 15: foto endobender che curva strumenti e microcannula
Analogamente agli strumenti canalari, possono essere precurvati gli aghi da irrigazione al fine di seguire le curve e depositare gli irriganti anche in queste anatomie complesse.
In questo caso è stata pre-curvata una microcannula aspirante al fine di alloggiarla al forame;
questa, lavorando per pressione negativa richiamerà gli irriganti attraverso la curva e fino in apice senza rischi di estrusione pericolosa degli stessi nei tessuti periapicali.
FIG 16: Microcannula radiografata in apice nella radice distale. Si noti il grado di curvatura degli ultimi millimetri. 
FIG 17: otturazione verticale a caldo.
FIG 18: controllo ad un anno , proiezione obliqua, il caso è guarito.
FIG 19: controllo ad un anno, proiezione ortoradiale , non si evidenziano radiotrasparenze.
PROTOCOLLO PREDICIBILE DI IRRIGAZIONE
1) Prima di introdurre qualsiasi strumento nei canali e dunque dopo l’apertura di camera pulpare bisogna lavare con ipoclorito di sodio al 5,25%
2) Asciugare poi gli eccessi di ipoclorito in camera pulpare e introdurre gel di EDTA che ha funzione di lubrificante ed agevola la strumentazione manuale.
Altra sua importante funzione è prevenire che il tessuto pulpare tappi il canale, compattandosi su se stesso una volta spinto dagli strumenti.
3) Irrigare copiosamente con ipoclorito di sodio dopo ogni strumento rotante.
4) Al termine della sagomatura asciugare e procedere ad un lavaggio con EDTA 17% LIQUIDO x 5 minuti. (lo rinnovo ogni due minuti).
5) Asciugare e fare abbondanti lavaggi finali con ipoclorito; rinnovarlo frequentemente e in profondità.
6) Attenzione a segni clinici che farebbero propendere per un aumento dei tempi di irrigazione.
Lo sviluppo di bollicine all’interno della soluzione di ipoclorito potrebbe indicare una attività di “digestione” dei residui organici ancora in corso e richiedere un aumento del tempo di permanenza dello stesso irrigante nel canale.
Analogamente se in fase di asciugatura notassimo sui coni di carta piccole macchie rosse indice di sanguinamento “ laterale” dovuto a polpa ancora presente nell’endodonto non sondabile, sarebbe utile prolungare l’irrigazione. (FIG 20-25)
FIG 20: canino superiore in pulpite

FIG 21: k-file0-20 alla lunghezza di lavoro
FIG 22: il cono carta sporco di sangue lateralmente al termine della terapia mi fa sospettare la presenza di canali laterali e mi spinge a prolungare l’irrigazione.
FIG 23: guttaperca calda e cemento riempiono l’intero sistema canalare confermando la complessità dell’anatomia.
FIG 24: back-packing
FIG 25: controllo a 6 mesi; non si evidenziano radiotrasparenze.
7) Prima di asciugare i canali pratico una tecnica di riscaldamento intracanalare con la finalità di accelerare la digestione di residui organici eventualmente presenti.
Con le punte più sottili del System-B , cercando di evitare il più possibile il contatto con le pareti canalari riscaldo l’ipoclorito a 200 per 3 secondi e lo faccio per 4-5 volte, mentre la mia assistente ne aspira i vapori.
Ritengo particolarmente utile tale tecnica per digerire quei detriti organici che possono residuare fino al termine del trattamento canalare per esempio a livello delle confluenze canalari e nelle irregolarità delle complesse anatomie c-shaped. 24
8) Disidratare con un lavaggio di alcool assoluto e asciugare con coni di carta.
Conclusioni:
Dedicarsi con pazienza e scrupolo alle manovre di detersione innalza la qualità dell’intero trattamento e pone solide basi per il successo finale dello stesso.
La detersione biochimica di grosse aree non raggiungibili dagli strumenti come le anastomosi è la prova dell’efficacia del protocollo proposto; infatti queste ampie aree di congiunzione fra i canali ,prima del trattamento, sono piene di residui organici e batteri; grazie agli irriganti avviene il completo svuotamento delle stesse e nella successiva fase di otturazione verticale a caldo si ha il riempimento tridimensionale con guttaperca e cemento. (FIG 26-29)
FIG 26: Secondo molare inferiore trattato per pulpite. All’esame radiografico si evince la presenza di una grossa anastomosi fra la porzione mesiale e quella distale del canale a “C”.
FIG 27: Secondo premolare superiore trattato per pulpite. La radiografia mostra anastomosi fra I due canali a livello di terzo medio e terzo apicale.
FIG 28: Ritrattamento di secondo premolare superiore per periodontite apicale acuta. La radiografia post-operatoria mostra anastomosi a livello del terzo medio e apicale ed in aggiunta, una anatomia molto irregolare riempita con guttaperca e cemento.
FIG 29: La radiografia mostra un secondo molare inferiore con lunghissime anastomosi fra porzione mesiale e distale.
BIBLIOGRAFIA
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Dr. Filippo Santarcangelo, Dr Arnaldo Castellucci
Curriculum
Dott. Filippo Santarcangelo
Nato a Bari nel 1973, maturità classica, nel 1996 laurea con lode in Odontoiatria e P.D. presso l’Università di Bari.
Nel 2003 a Firenze, partecipa al corso annuale di Endodonzia Ortograda e Chirurgica del Dott.Arnaldo Castellucci.
Nel 2006 corso pratico presso lo studio del dott.S.Buchanan a Santa Barbara (California)
Nel 2007 Master di Endodonzia a Miami (Florida).
Socio del Warm Gutta Percha Study Club presieduto dal Dott. Arnaldo Castellucci.
Socio Attivo della Società Italiana di Endodonzia.
Relatore in numerose conferenze e congressi nazionali e internazionali.
Relatore all’AAE (American Association of Endodontists) nell’edizione di S.Diego 2010 e di S.Antonio 2011.
Visiting Lecturer presso il dipartimento di Endodonzia della Harvard University ( Boston-USA).
Professore a contratto in Endodonzia al corso di laurea in Odontoiatria dell’ Università di Padova.
Libero professionista in Bari, limitatamente all’endodonzia ortograda e chirurgica.
Contatti: filipposantarcangelo@gmail.com
Dr. Arnaldo Castellucci
dal 1980 esercita la professione limitatamente all’Endodonzia.
E’ Past President della S.I.E., Società Italiana di Endodonzia e Past President della I.F.E.A., International Federation of Endodontic Associations, della quale è stato Presidente nel triennio 1993-95. E’ Socio Attivo della A.A.E., American Association of Endodontists, dell’A.I.O.M., Accademia Italiana di Odontoiatria Microscopica e della E.S.E., European Society of Endodontology, della quale è stato segretario nel biennio 1982-83.
E’ Professore a Contratto presso il Corso di Laurea in Odontoiatria dell’Università di Firenze.
E’ fondatore del Centro per l’insegnamento della Micro-Endodonzia, con sede in Firenze, dove insegna e tiene corsi teorico-pratici su argomenti di Endodonzia Clinica e Chirurgica al Microscopio.
Contatti:castellucci@dada.it
Per informazioni:
zerodonto@gmail.com