Giungeva alla nostra osservazione una giovane ragazza affetta da Amelogenesi Imperfetta diffusa, che colpiva quasi tutti i denti permanenti. L’occlusione mostrava i segni caratteristici di una seconda classe dentale di Angle e, per questa ragione, la paziente si sottoponeva a terapia ortodontica per ottenere un miglioramento dei rapporti di overjet-overbite e una corretta guida canina.
Il problemi estetici legati a questa condizione patologica avevano causato difficoltà nella vita di relazione della paziente e per tale motivo era stato deciso di trattarla con una riabilitazione protesica ad alta valenza estetica.
Inizialmente, la paziente si sottoponeva ad un allungamento di corona clinica nei settori posteriori. L’obiettivo era quello di ottenere un’adeguata altezza coronale per i restauri protesici e di esporre smalto sano ai fini di facilitare le procedure adesive. Inoltre, nelle aree posteriori mandibolari linguali, veniva identificata la presenza di una eruzione passiva incompleta con un sondaggio di 4mm, mentre nelle aree interprossimali superiori c’erano difetti ossei iniziali. L’allungamento di corona clinica ha eliminato tali difetti ossei favorendo risultati a lungo-termine più duraturi.
Era anche possibile osservare abrasioni diffuse sulle superfici occlusali.
Nella regione anteriore, venivano eseguite manovre di gengivectomia per regolarizzare la simmetria dei profili gengivali. Una volta avvenuta la guarigione dei tessuti, venivano montati dei modelli di studio in articolatore previo utilizzo di un arco facciale.
Il laboratorio realizzava una ceratura diagnostica sulla quale venivano stampate delle mascherine in silicone utilizzate successivamente come guida durante le preparazioni protesiche. I denti posteriori di entrambe le arcate venivano preparati per essere riabilitati con delle corone monolitiche in disilicato di litio (IPS E-max; Ivoclar Vivadent).
In particolare, due criteri venivano utilizzati per preparare gli abutment: il primo era quello di rimuovere solo la porzione di smalto che appariva macroscopicamente alterata e il secondo era quello di seguire la morfologia occlusale indicata dal wax-up.
Tutte le linee di fine preparazione risultavano essere in smalto. Il laboratorio sviluppava allo stesso tempo per entrambe le arcate i restauri in disilicato monolitico pressato con differenti spessori, da 0.5 mm sulla superficie assiale a 1-1.5 mm sulla superficie occlusale.
Nei settori frontali venivano realizzate delle faccette in ceramica feldspatica con uno spessore medio di 0.5 mm.
L’applicazione di faccette permetteva un notevole miglioramento delle caratteristiche di superficie passando da uno smalto ruvido e poroso, dovuto allo smalto alterato dalla patologia, alla superficie liscia della ceramica. Questo cambiamento, unito alla motivazione della paziente, aiutava a risolvere la situazione di gengivite marginale cronica dalla quale la paziente era affetta già prima di sottoporsi al trattamento.
_________
Illustrazioni:
Extended version of the present articol could be find in :J Esthet Restor Dent. 2014 Apr 23. doi: 10.1111/jerd.12104
Guarda la fotogallery su Facebook.