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ANATOMIA : SFIDA QUOTIDIANA PER L’ENDODONTISTA
Prima di dedicarmi completamente all’Endodonzia nei primi anni della mia attività di dentista mi sono occupato un po’ di tutte le branche odontoiatriche.
Ho effettuato avulsioni, ricostruzioni in amalgama d’argento, in resina composita, ho preparato monconi, ho scollato lembi ed effettuato detartrasi: in tutti questi casi era possibile controllare visivamente l’area di lavoro ( gengiva, moncone, cavità da otturare etc. etc.) e dunque era possibile verificare direttamente il mio operato contestualmente al suo svolgimento.
Non lo stesso accadeva per l’endodonzia.
Nonostante la radiologia, gli ingrandimenti e il microscopio, l’endodonzia degli ultimi millimetri è quasi sempre “al buio” (specialmente nei molari…) nel senso che non abbiamo ad esempio la possibilità di seguire direttamente il lavoro di un k-file che lima nel terzo apicale.
Questa sostanziale differenza rispetto alle altre branche odontoiatriche, insieme alla grande variabilità e complessità anatomica del sistema dei canali radicolari fece nascere in me una grande attrazione verso questa disciplina così misteriosa ed affascinante.
Decisi di dedicarmi completamente all’endodonzia.
Con il passare del tempo mi sono convinto di come la pratica endodontica sia una quotidiana sfida ad una micro-anatomia nascosta e imprevedibile: forse è proprio questo il bello dell’endodonzia!
Attualmente, dopo svariati anni di endodonzia, ho ben chiaro il concetto di complessità anatomica e mi sembra riduttivo che a tale proposito si parli unicamente di canali stretti o curvi o lunghi.
DEFINIZIONE DI CASO COMPLESSO
Il caso complesso è quel caso che non è possibile trattare meccanicamente fino al forame ma che negli ultimi millimetri, a causa di una grande irregolarità del tragitto canalare, può essere solo occasionalmente (e con molta fortuna!) sondato da lime sottili; richiede pertanto, in quegli ultimi millimetri, unicamente un trattamento biochimico.
Mi sembra doveroso precisare che pressoché nel 99% dei casi è possibile trattare i canali fino al forame con strumenti manuali e rotanti e che dunque l’incidenza di questi casi davvero complessi è fortunatamente molto bassa.
Il caso complesso può essere diagnosticato pre-operatoriamente a mezzo dell’esame radiografico che talora rivela profili radicolari non comuni oppure lumi canalari che improvvisamente si assottigliano e spariscono .
Molto più frequentemente ci si accorge intra-operatoriamente della complessità anatomica nel momento in cui neanche la lima più sottile riesce a raggiungere il forame apicale.
Lo scenario in quest’ultimo caso è il seguente: eliminate le interferenze coronali collego al rivelatore elettronico una lima 0.6 pre-curvata e con movimento di caricamento di orologio tento di raggiungere il forame.
Non riuscendovi, estraggo la lima e osservo la deformazione plastica impostagli dal tragitto canalare: è facile dedurre che la sottile lima 0.6 ha dovuto attraversare doppie o triple curve in diverse direzioni dello spazio prima di arrestarsi, magari a pochi centesimi di millimetro dal forame.
Ecco un caso complesso!
In passato, a questo punto, introducevo altre lime 0.6 nel tentativo-sempre più disperato di raggiungere il forame e speravo con tutto il cuore che ad un bel momento il mio rivelatore elettronico, compagno di tante battaglie, trasformasse il suo suono da intermittente in continuo dicendomi: “ Sei arrivato!”.
Questo puntualmente non accadeva e, come nei peggiori incubi endodontici, il risultato finale era quasi sempre lo stesso: grande spreco di lime sottili ed una otturazione corta!
Facendo tesoro di queste esperienze la mia strategia è cambiata ed i risultati, per fortuna, anche.
Oramai concedo alla lima 0.6 una sola possibilità di discesa “all’inferno” di anatomie così irregolari e non mi ostino in ripetuti e vani tentativi i quali non fanno altro che compromettere irrimediabilmente il caso (probabilmente nonostante la flessibilità delle sottili lime si creano piccole tacche e gradini che in tali tipi di anatomie divengono ostacoli insormontabili).
Se dunque al primo tentativo la lima 0.6 arriva al forame, sono contento perché conosco perfettamente la lunghezza di lavoro ed inoltre so che si tratta di un canale fortemente irregolare.
Se non vi arriva, non mi scompongo, non mi faccio prendere dal panico, so di essere in un canale molto difficile e, magari, molto vicino al forame.
In entrambi i casi arresto la strumentazione manuale e meccanica un millimetro prima dell’inizio del tratto irregolare che dunque verrà trattato solo biochimicamente grazie agli irriganti.
Questa strategia nasce dalla consapevolezza che l’anatomia endodontica nelle sue manifestazioni più irregolari, sia bella e terribile allo stesso tempo.
Da un punto di vista pratico ciò significa che non si deve avere la presunzione di sfidarla armati di strumenti, bensì bisognerebbe avere l’umiltà e la pazienza di affidarsi alla delicatezza degli irriganti.
Sono convinto che il trattamento ideale per un microspazio irregolare è il suo svuotamento biochimico e poi la sua otturazione tridimensionale con guttaperca calda e cemento.
Un altro aspetto è quello della predicibilità.
Ritengo infatti che tale strategia consenta anche all’operatore meno esperto o meno dotato di giocarsi la possibilità di risolvere casi complessi dato che con gli strumenti ci si mantiene a distanza di sicurezza dal tratto irregolare e si affida il trattamento di quest’ultimo agli irriganti.
In altre parole a parità di difficoltà anatomica ritengo questo approccio più predicibile rispetto ad un approccio che prevede un ”tentativo” di strumentazione di aree così irregolari.
Il key-factor in questi casi abnormi è il tempo, il quale non può essere lo stesso dei casi semplici. In altre parole bisogna dare tempo agli irriganti di fare chimicamente ciò che non possiamo fare meccanicamente.
Inizialmente avevo pensato di svolgere questi casi in due tempi, un primo appuntamento per effettuare la cavità di accesso, la sagomatura e iniziare ad irrigare ed un secondo appuntamento per terminare il caso e dedicato quasi interamente all’irrigazione (dato che l’ otturazione, a dire il vero, porta via pochi minuti).
Ben presto mi sono convinto che anche in questi casi rimane, per tanti motivi, da preferire la single visit, per cui allungo i tempi del trattamento (tratto solo 4 casi al giorno e quindi ciò mi è possibile) a tutto vantaggio dell’irrigazione e della qualità finale del trattamento stesso.
A proposito della sagomatura in queste anatomie difficili vale la seguente regola: “meno tempo stai nei canali e meglio è!”, nel senso che meno strumenti si adoperano e meno fango dentinale si produce ed inoltre minori sono i rischi di danno iatrogeno.
Naturale conseguenza ne è la durata esigua della sagomatura stessa (in genere pochi minuti…) a tutto vantaggio dell’irrigazione.
Infatti, il tempo totale dedicato ai lavaggi di irrigante alla fine della sagomatura si aggira intorno ai 40-60 min.
Un aneddoto:
Durante un congresso esposi questo mio protocollo ad un collega, grande conoscitore della letteratura e ricercatore universitario. Era stupito dei tempi molto lunghi di irrigazione e mi obiettò che tempi così prolungati fossero nocivi alla struttura radicolare, in quanto la indebolivano.
Osservazione giusta, ma lontana dalla realtà clinica di questi casi complessi. A mio avviso è meglio rischiare di perdere il dente per frattura radicolare dopo anni, che perderlo poco tempo dopo la mia terapia, per un ascesso o una periodontite apicale acuta dovuta a tempi di irrigazione non adeguati alla difficoltà anatomica.
Se analizziamo il problema dal punto di vista della logica e poi della fisica ci rendiamo conto che ciò differenzia un caso semplice da uno complesso è la necessità –in questo ultimo- di prolungare I tempi dell’irrigazione.
La Logica:
In casi semplici sono ragionevolmente certo di portare l’irrigante fino al termine del canale,infatti porto i sistemi di rilascio in prossimità del forame (aghi da irrigazione nella tecnica a pressione positiva) o al forame stesso (microcannula aspirante nella tecnica a pressione apicale negativa).
In casi complessi, indipendentemente dalla tecnica adoperata, l’irrigante non può che essere depositato abbastanza lontano dal terzo apicale o nella più rosea delle aspettative appena vicino ad esso.
Così la possibilità che le soluzioni irriganti raggiungano il termine del canale appare esclusivamente legata alla loro capacità intrinseca di scorrere lungo le superfici dentinali.
La Fisica:
In Fisica sono stati testati sistemi che simulano i canali radicolari; in particolare si tratta di micro-canali ad estremità chiusa ed in particolare si è riscontrato l’intrappolamento di aria da parte dei liquidi man mano che avanzano in siffatti sistemi.
Questo è dunque un fenomeno fisico ben noto e la capacità di penetrazione del liquido all’interno di siffatti micro-canali dipende dall’angolo di contatto che si stabilisce fra lo stesso liquido e la superfice su cui scorre; sono inoltre determinanti la lunghezza e I diametri del canale.
In ogni caso, come riportato sui testi di fisica, questi micro-canali possono essere completamente riempiti dai fluidi dopo un certo tempo che può essere nell’ordine di ore o giorni . (1-4)
Questo fenomeno dell’intrappolamento dell’aria e in generale delle difficoltà di scorrimento degli irriganti ha implicazioni cliniche di rilievo dato che la detersione biochimica viene praticata alla poltrona in un arco di tempo che è di minuti e non certo di ore o tantomeno giorni!
Il rischio in siffatte anatomie è che l’irrigante non raggiunga mai il terzo apicale se non gli si concede tempo a sufficienza.
Nella mia pratica clinica quotidiana al termine della sagomatura effettuo una irrigazione della durata di 60 minuti, a mio avviso un tempo giusto se rapportato alla complessità di tali casi.
Si tratta di un buon compromesso fra le severe leggi della fisica e necessità di ordine pratico.
Fino ad ora ho ottenuto risultati soddisfacenti.
Bisogna avere chiaro in mente questo concetto e giova ripeterlo: in casi molto complessi da un punto di vista anatomico, chiedo agli irriganti di fare un qualcosa che normalmente spetta agli strumenti e cioè rendere pervio uno spazio in genere costituito dagli ultimi, irregolari millimetri del canale.
Dato che tuttora non esiste purtroppo l’irrigante miracoloso, diamo dunque alle nostre soluzioni disinfettanti un tempo appropriato!
Una delle splendide anatomie studiate dal prof. W.Hesse nel 1920.Gli ultimi millimetri della radice distale presentano un tragitto enormemente irregolare e rappresentano un limite all’arrivo di strumenti, irriganti e materiale da otturazione.
Rx pre- operatoria: per nostra sfortuna tali anatomie esistono non solo nelle tavole anatomiche di Hesse ma anche nella bocca dei nostri pazienti!
Rx –post operatoria : la guttaperca ed il cemento riempiono una anatomia molto simile a quella studiata dal prof. Hesse mostrandocela in tutta la sua meravigliosità. Il trattamento degli ultimi 3 mm della radice distale è stato solo biochimico ed è servito a rendere pervio questo spazio che poi in fase di otturazione è stato riempito con guttaperca veicolata da carrier e cemento.
Pre –operatoria: la complessità anatomica è sempre in agguato!
Rimozione del tessuto nervoso dal canale distale
Con molta fortuna un k-file raggiunge il forame probabilmente agevolato dall’assenza di polpa.
La rx post-operatoria mostra una irregolarità simile al caso precedente.
Primo premolare inferiore sinistro in periodontite apicale acuta: si noti la radiotrasparenza periapicale, i profili radicolari multipli e il lume canalare che scompare improvvisamente fra terzo medio e terzo apicale.
Aperta la camera pulpare ho riscontrato un sistema di canali radicolari molto complesso con 4 differenti porte di uscita.
Verifica delle prime due lunghezze di lavoro
Verifica delle rimanenti due lunghezze di lavoro.
NB: la terapia è stata svolta in uno studio non dotato di microscopio operatorio per cui ho preparato questi spazi complessi con strumenti manuali cercando di farlo al meglio ma senza un controllo visivo diretto, che in un caso simile sarebbe stato molto utile.
Ho ricevuto indubbiamente un grande aiuto dai tempi prolungati dell’irrigazione praticata a fine sagomatura( 60 min).
Otturazione verticale a caldo
Il controllo a sei mesi mostra una sorprendente guarigione del caso.
DENTI VITALI E DENTI NECROTICI
A mio parere, a parità di difficoltà anatomica è più semplice da un punto di vista tecnico affrontare casi necrotici rispetto ai vitali.
Infatti nella fase di negoziazione dell’apice, il tessuto pulpare contenuto nel terzo apicale può rappresentare per le lime sottili che si adoperano in questa fase, un potenziale e pericoloso ostacolo al raggiungimento del forame .
In anatomie già complesse, curve improvvise, doppie curve, bi-triforcazioni la sola presenza di tessuto pulpare potrebbe deviare la lima sottile, rovinandola, e impedendole di raggiungere il forame.
A proposito di denti vitali dunque, nel caso in cui la rx pre-operatoria evidenzi particolari difficoltà anatomiche, bisognerebbe cercare di rimuovere precocemente ed in un sol colpo tutto il tessuto pulpare rendendo il lume canalare di tali ostiche anatomie, pervio e percorribile per piccole lime e per gli irriganti.
Molte volte ci rendiamo conto intraoperatoriamente della difficoltà anatomica degli ultimi millimetri e in questi casi è ormai impossibile estrarre tutto intero il tessuto pulpare, così sarà l’ipoclorito di sodio a lavorare per noi.
È importante che sia l’ipoclorito sia l’edta siano depositati e rinnovati alla profondità massima e siano provvisti di tensioattivi in modo tale che il loro scorrimento sia ottimale (a tal fine adoperando tecniche a pressione negativa si annulla il rischio di una pericolosa estrusione di irrigante nei tessuti periapicali).
In tali tipi di anatomie, l’otturazione di elezione è la carrier based obturation, per la fluidità della guttaperca che le consente di scorrere in maniera ottimale e riempire le irregolarità canalari; perciò durante questi lunghi tempi di irrigazione ne approfitto per fare la prova dei carrier in plastica dei GT Obturators (precedentemente denudati dalla guttaperca ed usati come verificatori dello spazio canalare).
Adopero infine gli stessi carriers con movimenti delicati in su ed in giu al fine di spingere gli irriganti nelle zone più complesse e irregolari dell’endodonto.
Pulpite acuta a carico di un terzo molare inferiore ,pilastro di ponte.
È possibile capire che si tratta di una anatomia complessa già dalla rx pre-operatoria infatti ad apici ampi e globosi si associa un lume canalare che improvvisamente scompare nel terzo apicale.
Dopo essere riuscito a rimuovere il tessuto pulpare dai canali mesiali e dal canale distale rilevo la lunghezza di lavoro.
Il canale mesio-vestibolare e il mesio-linguale sono confluenti nel terzo coronale; il mesio-linguale, in particolare si biforca a circa due millimetri dall’apice e nel sondaggio con lime sottili ho rilevato per questo canale due diverse lunghezze di lavoro.
Rx con la seconda lunghezza di lavoro relativa al canale mesio-linguale. Decido di strumentare il canale mesiolinguale con strumenti rotanti in nikel-titanio a conicità del 2% , i Pathfiles, fino a 1 mm dalla biforcazione poi poco più corti il GTX 20-04 e il GTX 20-06. La biforcazione ha ricevuto dunque, dopo essere stata sondata con lime sottili, solo un trattamento biochimico.
Otturazione dei canali con GTX OBTURATORS
Si manifesta l’anatomia canalare in tutta la sua complessità e bellezza.
Periodontite apicale acuta su un secondo molare inferiore pilastro di ponte.
Dall’esame rx si può notare un profilo radicolare enormemente irregolare e curvo sulla radice distale.
Rx intra—operatoria di rilevazione della lunghezza di lavoro.
Si noti la non comune curvatura della radice distale in senso distale e coronale!
Trattamento meccanico del canale distale con strumenti rotanti a conicità 2%, Pathfiles, fino al forame. GTX 20-04 E GTX 20-06 adoperati poco più corti.
Otturazione con GTX OBTURATORS
Controllo a 6 mesi e risoluzione del caso
PROTOCOLLO PER CASI COMPLESSI
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Nei casi vitali, se possibile, estrarre tutta la polpa prima di introdurre gli strumenti nel canale.
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Sia nei vitali che nei necrotici i tempi sono, a fine sagomatura, di 40-60 min.
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Scegliere irriganti con tensioattivi.
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Rinnovarli frequentemente ed alla profondità massima.
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Agitarli muovendo in su e in giù coni di gutta o carrier in plastica.
CONCLUSIONI
Sono certo che l’endodonzia sia la branca più complessa dell’odontoiatria dato che ci si confronta e ci si scontra con una anatomia microscopica, nascosta, variabile e complessa: solo comprendendo questo ci si approccerà con la giusta umiltà, con la dovuta attenzione, ed inoltre con intelligenza, pazienza e perseveranza.
L’irrigazione canalare alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e della disponibilità di apparecchiature dedicate è una pratica predicibile e offre un contributo sostanziale al successo dell’intera terapia canalare.
Talvolta, nonostante ciò, in casi complessi e dinanzi a sfide sempre nuove mi sono posto domande che non hanno ricevuto risposta né dagli uomini (cioè i colleghi) né dai libri ed allora ho dovuto rispondere io.
L’ho fatto da clinico e le mie risposte perciò non si appoggiano sulla solidità della scienza ma sono avvolte dalla sottile nebbia dell’empirismo; nonostante questo mi auguro che la mia esperienza possa essere utile ad altri colleghi che come me amano l’endodonzia.
BIBLIOGRAFIA
1. Bankoff SB. Entrapment of gas in the spreding of a liquid over a rough surface. AICHE J 1958; 4:24-6.
2. Dovgyallo GI, Migun NP, Prokhoren- ko PP. The complete filling of dead end conical capillaries with liquid. J Eng Phy 1989; 56: 395-7
3. Migun NP, Azuni MA. Filling of one side- closed capillaries immersed in liquids. J Colloid Interface Sci 1996; 181:337-40.
4. Migun NP,Shnip AI. Model of film flow in a dead-end conic capillary. J End Phys Thermophys 2002; 75: 1422-8
Per approfondimenti vedi anche:
L’IRRIGAZIONE CANALARE NELL’ENDODONZIA MODERNA: Casi semplici
Per informazioni:
zerodonto@gmail.com
Dr. Filippo Santarcangelo Bari-Italy
filipposantarcangelo@gmail.com