Ridisegnamo un nuovo standard di lavoro, quale attrazione professionale mondiale.
Il Sistema GT Rotary File è stato introdotto nel mercato americano nel 1996 e nel resto del mondo circa 18 mesi dopo; malgrado abbia fatto presa sul mercato americano con un impatto ed un effetto travolgente, questo sistema ha invece incontrato maggiore resistenza sui mercati internazionali, e ciò è dovuto a sostanziali differenze all’interno delle popolazioni dei dentisti, alle condizioni ambientali tradizionali variamente competitive ed infine anche alle diverse modalità di distribuzione agli utilizzatori finali.
Dal momento che mi sono prefissato di ridisegnare e sviluppare ciò che avrebbe dovuto diventare la prima vera “nuova generazione” di questa linea di prodotti, ho tenuto in debita ed attenta considerazione tutte le esigenze di coloro che eseguono i trattamenti dei canali radicolari.
Dopo due anni di studi e ricerche, il Sistema Endodontico GT Serie X (GTX) è stato presentato al Meeting Annuale dell’American Dental Association nel mese di Ottobre 2007, e ne è stata programmata la distribuzione su scala mondiale nella primavera del 2008.
Quando i dentisti sono stati intervistati, tutti hanno coralmente risposto dichiarando quali dovrebbero essere i requisiti che si richiedono alle lime sagomatrici da loro utilizzate, con l’elenco nel seguente ordine di importanza:
1) resistenza alla rottura
2) mantenimento dell’originale traiettoria del canale
3) efficienza del taglio.
Un secondo elenco di esigenze del mercato internazionale e più ancora in particolare provenienti dal mercato degli Stati Uniti e del Canada, è stato così delineato:
1) un set di lime ridotto
2) una minore sagomatura corono apicale
3) un metodo semplificato di sagomatura iniziale all’interno del canale
4) un metodo di sagomatura che richieda una dotazione di pochissime lime per eseguire una
preparazione ottimale.
Ironicamente, le difficoltà poste dalle varie richieste sono state fortunatamente compensate dalle sempre maggiori e più specifiche necessità provenienti dal mercato internazionale.
Anzitutto, sono stato molto gratificato nel notare che le prime due necessità sono entrambe connesse con il fattore sicurezza, come in effetti deve essere.
Tuttavia, malgrado il concetto di sicurezza appaia semplice, le caratteristiche funzionali e geometriche di strumentazioni estremamente variate ed assai spesso opposte tra loro, comportano delle serie difficoltà.
Gli esempi di queste caratteristiche contrastanti tra loro sono abbondanti. Mentre da una parte i diametri centrali più ampi aumentano la resistenza della lima allo stress torsionale all’interno di canali diritti, dall’altra parte questi stessi aumentano radicalmente anche la loro sensibilità alla fatica ciclica nei canali curvi.
Mentre le lame più taglienti diminuiscono l’attrito e i conseguenti stress torsionali che si accumulano nello strumento durante il lavoro di taglio, d’altra parte aumentano significativamente il trasporto dei canali curvi rispetto alla traiettoria originale del canale.
Al di là delle difficoltà di comprensione dei fattori che intervengono nel sopportare gli obiettivi di sicurezza, non è meno difficile determinare quanto queste varianti geometriche possano influire sulla efficienza. Noi, in realtà, dobbiamo prendere in esame soltanto l’efficienza di taglio delle lame durante l’utilizzo di una singola lima all’interno di un unico ciclo di taglio, o dovremmo invece considerare il numero di strumenti e di passaggi procedurali necessari per completare la preparazione del canale radicolare? Dobbiamo poi paragonare le varie lime sulla base di quanto a lungo possano tagliare in direzione apicale, prima che le loro lame risultino piene di detriti?
L’importanza degli obiettivi della sagomatura e il loro ottenimento con un ridotto numero di lime.
L’argomento degli obiettivi della sagomatura risulta spesso perduto nella cacofonia dell’informazione che circola sugli strumenti rotanti. Senza considerare la preparazione che si desidera effettuare, è difficile scegliere un sistema di strumentazione, così come diventerebbe sempre difficile scegliere un mezzo di trasporto senza sapere dove si vuole andare. Consideriamo anzitutto le opzioni esistenti in questo specifico settore. Alla luce di ciò, le considerazioni sugli obiettivi di sagomatura possono essere suddivise nelle seguenti categorie: terzo coronale, terzo medio e terzo apicale.
Tradizionalmente le preparazioni dei canali radicolari sono state relativamente ampie nelle zone coronale e apicale, con sagomature varie e spesso misere tra queste due aree.
La sagomatura coronale ampia è divenuto un obiettivo da raggiungere a tutti i costi, quando Schilder e altri (Schilder, 1974; Ram, 1977) hanno notato, correttamente a quel tempo, che un maggiore allargamento coronale avrebbe consentito migliori risultati nelle regioni apicali.
In realtà ciò era vero per il fatto che a quel tempo erano disponibili solo lime di acciaio relativamente rigide e aghi di irrigazione relativamente larghi. L’altro motivo per cui, sempre a quel tempo, i clinici eseguivano sagomature ampie era per facilitare il riempimento dei canali radicolari con la condensazione laterale della guttaperca fredda.
Il problema è che uno spropositato allargamento di questa parte del canale porta ad un inutile indebolimento della struttura radicolare e, nel caso particolare dei canali di molari, si accresce il rischio di perforazione della radice.
Quando parlo con i protesisti circa il loro timore di utilizzare denti trattati endodonticamente come importanti pilastri dello loro protesi, l’argomento che emerge subito è relativo all’integrità strutturale (dando per scontato ovviamente che la regione apicale sia stata trattata a regola d’arte). E’ evidente che il controllo dell’allargamento coronale sia di vitale importanza per un successo endodontico a lungo termine, e quindi per un successo a lungo termine nell’ambito dell’odontoiatria generale (Fig. 1).

Cosa dire poi a proposito degli obiettivi di sagomatura del terzo medio del canale?
In effetti, i problemi associati alla scarsità di sagomatura di questa regione sono raramente compresi. La sagomatura insufficiente del terzo medio dei canali radicolari è ampiamente responsabile di problemi legati all’irrigazione e all’adattamento del cono; quando poi si usano tecniche di otturazione con carrier, questo verrà denudato dalla guttaperca e raggiungerà la parte terminale della preparazione privo della guttaperca che aveva attorno: tutto ciò ovviamente deporrà senz’altro per il fallimento del trattamento.
Fortunatamente l’avvento degli strumenti di sagomatura a conicità variabile ha posto fine ai comuni problemi di sotto-preparazione dei canali che vedevamo con l’utilizzo delle lime manuali a conicità .02, per cui in teoria tutti gli strumenti rotanti con conicità .06 o maggiore potranno risolvere questo problema.
Nel terzo apicale, il tradizionale obiettivo di sagomatura è stato il cosiddetto “stop-apicale”, in pratica cioè la preparazione di un gradino intenzionale, corto rispetto alla sede del forame apicale. Mentre lo stop-apicale funziona molto bene quando è fatto in maniera perfetta, porta invece al fallimento in quanto non perdona eventuali errori nella determinazione della lunghezza di lavoro. Quando infatti la lunghezza del canale viene erroneamente determinata corta, lo stop apicale creato utilizzando a quella lunghezza lime di diametro via via maggiore, rappresenta una scalino che comporterà confusi sforzi nei vari tentativi di superarlo per cercare di otturare quel canale almeno fino ad una lunghezza accettabile.
D’altra parte, quando la lunghezza viene erroneamente determinata “lunga”, oppure quando un canale curvo viene raddrizzato e quindi accorciato durante la fase di sagomatura, gli strumenti larghi e relativamente rigidi portati oltre il termine del canale, inevitabilmente lacereranno il forame, creando in tal modo il presupposto per un riempimento in eccesso (Weine, Kelly e Lio, 1975).
Infatti, la grande quantità di letteratura che correla gli eccessi di riempimento con la più elevata incidenza di fallimenti (Seltzer e coll., 1963: Sjogren e coll., 1990; Strindberg, 1956; Swartz e coll., 1983), ha ampiamente scambiato le coincidenze con le cause eziologiche, dato che la maggior parte dei fallimenti esaminati erano riempimenti in eccesso avvenuti in canali preparati con la tecnica dello stop apicale.
Dal momento che lo stop apicale è in realtà un gradino intenzionale, ogni eccesso di riempimento in questa tecnica rappresenta per definizione un errore di sagomatura, e non un errore di otturazione.
Quando i forami apicali sono lacerati e stirati, diventa virtualmente impossibile sigillarli adeguatamente anche con i classici coni di guttaperca. Questa è la sola spiegazione possibile per tutti quei fallimenti, alla luce della biocompatibilità dei nostri materiali da otturazione (Costa e coll., 2001; Orstavik, 2005; Tavares e colol., 1994).
Se noi prepariamo una sagomatura conica (con lime con punta non attiva, con geometria cioè di sicurezza) che risulti corta rispetto alla lunghezza ideale, diventa facile sagomare un’ulteriore porzione all’interno del canale quando l’errore viene riconosciuto prima della fase di otturazione.
Se utilizzando lime con lame piatte eseguiamo una sagomatura troppo lunga, vi sarà pur sempre una conicità che offre resistenza e pertanto si renderà necessario solo di accorciare il cono alla corretta lunghezza di lavoro prima di procedere alla fase di otturazione: un accorgimento che in tutto richiede meno di 20 secondi.
A mio personale parere, preferisco una preparazione apicale che perdoni maggiormente eventuali errori, e cioè una preparazione conica. In più, quando i clinici scelgono questi obiettivi di sagomatura apicale, essi in pratica ottengono un duplice vantaggio.
Non solo i risultati del lavoro diventano più prevedibili con l’utilizzo di lime a conicità variabile, ma sono anche necessari meno strumenti per ottenere quel determinato risultato.
Come possiamo ottenere in tutta sicurezza la sagomatura che desideriamo?
A quali caratteristiche dovremmo ispirarci per perseguire i nostri obiettivi di sagomatura, e ancora qual è la risposta finale alle prime tre necessità segnalate dagli stessi dentisti nel corso dell’indagine di mercato sopra menzionata?
Tenendo presenti gli obiettivi di sagomatura, diviene chiaro che abbiamo necessità di disporre di un set di lime che ci consentano di ottenere allargamenti coronali limitati e una sagomatura conica almeno nella metà o nei due terzi apicali del canale radicolare, preferibilmente senza la necessità di utilizzare le tecniche step-back. Obiettivo non facile da raggiungere, in quanto la maggior parte delle lime disponibili con conicità maggiori di .08 hanno tutte lame pericolosamente larghe nelle loro porzioni più coronali.
Se da una parte esistono sul mercato molte lime con conicità .06, adeguate per lavorare all’interno di canali radicolari piccoli, dall’altra per canali radicolari di proporzioni medie e larghe sono richiesti strumenti con conicità maggiori.
Il concetto di limitazione del massimo diametro delle spire (MFD = maximum flute diameter) appartiene solo alla famiglia degli strumenti Serie GT e GTX, e questo concetto non solo controlla l’allargamento coronale, ma permette anche di eseguire in tutta sicurezza sagomature con conicità maggiori di .06, senza allargamenti indesiderati in quelle regioni.
Se da una parte esistono strumenti che presentano diametri delle lame estremamente limitati, dall’altra va ricordato che nessun altro set di strumenti limita il cosiddetto MFD “maximum flute diameter” alla dimensione di 1 mm, a parte gli strumenti della Serie GT e GTX.
Quando mi capita di ascoltare un collega che racconta di utilizzare la strumentazione della serie GTX, ma che ancora ricorre alle frese di Gates Glidden all’inizio o al termine della fase di preparazione, capisco subito che questo operatore utilizza ancora la tecnica di condensazione laterale, in quanto le lime GTX danno una sagomatura solo di poco più grande rispetto ai coni di guttaperca, e dunque non vi sarebbe sufficiente spazio a livello dell’imbocco canalare per introdurre uno spreader tra la parete del canale e il cono.
Al giorno d’oggi, con la disponibilità delle tecniche di otturazione termoplastiche, che richiedono tempi inferiori rispetto alla condensazione laterale ben eseguita, vorrei dire che i dentisti dovrebbero scegliere una diversa tecnica di otturazione, se quella da essi utilizzata richiede una pericolosa sovrastrumentazione.
Dal momento che un allargamento coronale di 1 mm realizzato con l’utilizzo delle lime della serie GTX potrebbe sembrare di ampiezza più limitata, rispetto a quanto molti dentisti sono abituati a fare, l’onda continua di condensazione, l’otturazione con carrier, la condensazione laterale a caldo e persino il cono singolo (metodo che tuttavia non raccomando) sono tutti sistemi da preferire rispetto ad inutili indebolimenti della struttura radicolare.
Ricordiamoci che le sagomature estreme della porzione coronale rappresentano una delle ragioni per cui i protesisti stanno sempre più orientandosi verso la scelta di protesi su impianti, rispetto all’utilizzo di pilastri trattati endodonticamente.
Tutti gli strumenti privi di lame piatte eseguono sagomature significativamente più ampie rispetto alla geometria esterna della stessa lima, come si può vedere nella figura 2.

Le tecniche di sagomatura anti-curvatura non consentono di mantenere minima la dimensione della sagomatura stessa; esse riducono soltanto il rischio di stripping delle radici strette e curve.
Il metodo migliore per mantenere la massima resistenza della radice e nel contempo eliminare totalmente la possibilità di perdere la radice è rappresentato dalla possibilità di controllare l’allargamento coronale, cosa che rappresenta una delle più distintive caratteristiche di entrambe le linee di strumenti, la Serie GT e la nuova Serie GTX.
Passando a parlare della geometria dell’altra estremità della lima, la punta dello strumento deve essere non-attiva. Mediamente ogni 5 anni qualche azienda del settore dentale presenta un nuovo strumento con una punta tagliente o semi-tagliente. Se da una parte la sensazione iniziale di una progressione apicale condotta senza sforzo può risultare seducente, dall’altra la ricerca condotta con micro-CT-scan e l’esperienza clinica non confermano la sicurezza vantata da parte dei fabbricanti (Fig.3).

La verità si capisce quando si leggono le “istruzioni per l’uso” rilasciate dal fabbricante, in cui si raccomanda di non impegnare le lime oltre il forame apicale e di non usare mai le lime per più di un secondo alla lunghezza di lavoro.
A questo proposito, è sottovalutata la pericolosità dell’utilizzo di una punta aggressiva e la mancanza di lame piatte all’interno di canali curvi.
Quando nei canali curvi si usa uno strumento privo di lame piatte, inevitabilmente si raddrizzano le curvature presenti a metà della radice con conseguente accorciamento della lunghezza di lavoro e col risultato finale di portare involontariamente la punta aggressiva della lima oltre il forame apicale, il che rappresenta un invito al trasporto del forame apicale.
Certamente tutte le punte aggressive, così come gli strumenti privi di lame piatte possono essere adoperate con risultati eccellenti a condizione che l’utilizzatore sia esperto ed abile, tuttavia il lavoro di finitura tutt’attorno per evitare danni all’apice spesso richiede l’intervento di lime aggiuntive e azioni procedurali addizionali per eludere i pericoli che ne possono derivare.
I prossimi punti da considerare nella lista delle caratteristiche distintive delle lime sono l’angolo delle lame e le geometrie della parte centrale delle lime.
Anche se le funzioni della punta e del gambo degli strumenti sono abbastanza ovvii durante le procedure di sagomatura, le caratteristiche funzionali della geometria delle sezioni trasverse degli strumenti sono meno ovvie.
Tre sono le condizioni primarie che devono essere considerate: l’angolo delle lame, la dimensione del corpo e la dimensione dello spazio tra le spire per raccogliere i detriti. Ognuna di queste caratteristiche comporta vantaggi e svantaggi e in effetti il trucco consiste nell’ottimizzare insieme queste caratteristiche.
Le lame non possono essere troppo taglienti, altrimenti se ne avrà come sicuro risultato un significativo trasporto della traiettoria originale dei canali curvi.
D’altra parte se le lame non sono abbastanza efficaci e si impiega troppo tempo per sagomare, questi strumenti accumuleranno rapidamente fatica ciclica quando verranno impegnati in canali curvi. I diametri centrali più ampi aumentano la resistenza degli strumenti alle sollecitazioni torsionali quando vengono usati all’interno di canali diritti (aumento dello stress torsionale), ma diventano abbastanza pericolosi nel loro utilizzo nei canali curvi (diminuzione della resistenza alla fatica ciclica).
Diametri centrali assai ampi combinati con lame taglienti non piatte risultano i più pericolosi da utilizzare, in quanto la loro rigidità causa il trasporto dell’anatomia da parte delle lame taglienti e sono maggiormente predisposti al frattura per fatica ciclica. D’altra parte, se il diametro centrale è più piccolo, lo spazio tra le spire aumenta e ciò facilita la raccolta dei detriti dentinali prima che la lima si blocchi nel suo progredire con l’azione di taglio verso l’apice.
La presenza di piccoli spazi tra le lame significa che la lima ha necessità di essere rimossa e ripulita più spesso prima di procedere con il taglio in direzione apicale. Inoltre, a mano a mano che il diametro centrale diventa più piccolo, la flessibilità dello strumento aumenta, e questo è un’ottima condizione quando si lavora nei canali curvi.
Quello che è necessario, quindi, è un piccolo diametro centrale con un conseguente largo spazio tra le lame e una lama di taglio che sia efficiente senza risultare troppo aggressiva, un difficile set di parametri differenti.
Caratteristiche degli Strumenti della Serie GTX
La serie di strumenti GTX è stata disegnata tenendo in considerazione tutti questi requisiti, sfruttando i punti di forza della precedente serie GT, con l’obiettivo di migliorare le caratteristiche e tutti quegli aspetti che avrebbero potuto essere ottimizzati.
M-Wire
Oltre alla modifiche della geometria, questi strumenti sono costruiti con l’impiego di un nuovo filo di nickel-titanio denominato “M-Wire”, messo a punto dal Dr. Ben Johnson, l’inventore della otturazione basata su “carrier”.
Attraverso una serie di trattamenti a caldo e con cicli di ricottura durante il lavoro di trafilatura del filo si è giunti a migliorare notevolmente la resistenza alla fatica ciclica (causa principale e più comune di frattura degli strumenti rotanti) (Shen e coll. 2006). Se da una parte ciò avrebbe potuto essere frainteso, pensando che gli strumenti realizzati con questo innovativo metallo potrebbero essere usati più e più volte, dall’altra va inteso come una significativa riduzione della possibilità di frattura quando gli strumenti sono utilizzati come prima.
Qualsiasi strumento, indipendentemente dalla sua forma o dalla metallurgia della sua costituzione, si spezzerà nel caso in cui venga sovra-utilizzato. A questo proposito è sufficiente affermare che questo nuovo filo metallico rappresenta un grande passo in avanti nella risposta al primo requisito che tutti i dentisti intervistati hanno posto come richiesta prioritaria ai loro strumenti rotanti : cioè una maggior resistenza alla rottura.
Lame piatte variabili
Gli strumenti della Serie GTX presentano in punta la stessa geometria radiale e lo stesso diametro massimo delle lame, esattamente come quelli della Serie GT. Sono sempre strumenti con le lame piatte, ma con un significativo miglioramento e cioè le ampiezze delle lame piatte variano lungo tutta la lunghezza dello strumento (Fig. 4).

Siccome il trasporto dell’anatomia originale è una funzione dell’affilatura delle lame e della rigidità di un determinato segmento dello strumento lungo la sua lunghezza, il test ha dimostrato che le spire della punta, quelle cioè posizionate nella parte più flessibile dello strumento, avrebbero potuto essere ridotte in tutta sicurezza a favore di un aumento dell’efficienza del taglio, senza il rischio di trasporto nelle regioni apicali di canali radicolari estremamente curvi (Figg. 5a, b).


Inoltre va considerato che i piani radiali del tronco possono anch’essi essere ridotti senza alcun rischio, malgrado la rigidità di questa parte dello strumento, in quanto questo segmento dello stesso strumento lavora nelle porzioni rettilinee e nei tratti più diritti delle radici.
Da queste osservazioni è apparso ben evidente che il grado di rigidità presente nella sezione mediana dello strumento, unito all’estrema curvatura che si incontra nel terzo medio dei canali radicolari, richiede la conservazione degli ampi piani radiali originali, al fine di prevenire un errato raddrizzamento delle curve presenti nella parte mediana della radice. Il risultato di questa ottimizzazione è stato un aumento della velocità di taglio di almeno 2 volte così come una riduzione del blocco da avvitamento, durante la progressione del lavoro verso l’apice.
Maggiore distanza tra le lame
L’ultima modifica eseguita alle lame è stata quella di aprire gli angoli delle stesse lame a 30 gradi costanti per tutta la lunghezza degli strumenti della Serie GTX, giungendo così quasi a raddoppiare gli spazi tra le spire. Ciò ha aumentato di molto la flessibilità di questi strumenti e nel contempo ha consentito di estendere la lunghezza di ogni ciclo di taglio in modo estremamente significativo. Mentre gli strumenti GT classici possono tagliare per almeno 4 o 6 secondi prima di ostruirsi, gli strumenti della Serie GTX possono giungere a tagliare in continuazione per almeno 10 -12 secondi prima che vi sia la necessità di rimuoverli e di pulirli.
Ridotto numero di strumenti
Le ultime due modifiche apportate sono state l’accorciamento del gambo all’impugnatura da 13 a 11 mm e un ridotto numero di strumenti (Fig. 6).

L’impugnatura più corta è logica quando si considera la piccola distanza inter-occlusale tra i denti posteriori, ma il numero “ridotto” di strumenti richiede una spiegazione.
La breve spiegazione riguardante il numero ridotto degli strumenti consiste di due considerazioni :
1) una causa comune di frattura degli strumenti rotanti è l’errata scelta della conicità non adeguata alla curva canalare che deve essere sagomata
2) le preparazioni costantemente ideali create dagli strumenti rotanti a lame piatte richiedono una minore forma di resistenza conica per ottenere un’accurata otturazione apicale.
Virtualmente ogni canale, a parte quelli con apice aperto, può idealmente essere sagomato con questi 8 strumenti, mentre per dimensioni apicali maggiori e per allargamenti coronali più ampi, i clinici possono utilizzare uno strumento della Serie GT standard, come ad esempio il 40.10 oppure uno dei GT Accessori con conicità .12 e con punte del diametro 50, 70 e 90 mm.
Tecnica di Sagomatura con gli Strumenti della Serie GTX
La tecnica di utilizzo degli strumenti GTX è molto semplice. Dopo che il canale è stato sondato con K File 15 o 20 per tutta la sua lunghezza (in presenza di un lubrificante), lo stesso canale viene irrigato e riempito di NaClO al 5% e quindi si inizia con gli strumenti rotanti, sempre partendo dalla lima GTX 20.06.
Grazie alla sofisticata foggia geometrica di questi strumenti, questi tagliano con cicli di taglio della durata di 10 – 12 secondi alla velocità raccomandata di 300 RPM.
I movimenti di spinte ripetute sono estremamente inappropriati con l’uso di strumenti a lame piatte. La regola pratica vuole che quando si avverte che la lima procede avanzando quasi spontaneamente in direzione apicale, sia lecito proseguire a tagliare.
La sagomatura iniziale e la conicità ideale per le singole radici
Nelle radici di piccole dimensioni l’obiettivo è una conicità .06. Le radici piccole sono: incisivi mandibolari, premolari con due o tre canali, radici mesiali dei molari inferiori e radici vestibolari dei molari superiori. Si inizia la sagomatura di questi canali con lo strumento GTX 20.06, che in genere arriva alla lunghezza di lavoro con due cicli.
I canali piccoli molto stretti o molto curvi opporranno una certa resistenza alla lima 20.06 nel suo secondo passaggio e richiederanno quindi una lima 20.04 per arrivare alla lunghezza di lavoro. Raramente, in casi estremamente difficili, può rendersi necessario utilizzare una lima manuale in Nickel-Titanio del calibro 20 per raggiungere la lunghezza di lavoro, dopo di che le lime 20.04 e 20.06 scenderanno, dato che il lavoro delle punte di questi due strumenti è stato alleggerito dalla lima manuale 20.
Dopo che la lima 20.04 ha raggiunto la lunghezza di lavoro, la lima 20.06 arriva alla stessa lunghezza, realizzando in questi piccoli canali la conicità desiderata .06. Tuttavia in canali fortemente curvi in cui il GTX 20.06 potrebbe avere difficoltà nell’arrivare alla lunghezza, in questi casi l’ideale è utilizzare uno strumento manuale 20.06 della Serie GT Standard.
Nelle radici di medie e grandi dimensioni l’obiettivo è ottenere una conicità .08. A questo gruppo di radici appartengono: le radici distali dei molari inferiori, le radici palatine dei molari superiori, i canini inferiori, gli incisivi superiori e i premolari con canali singoli.
Se da una parte la tecnica più semplice è forse quella di iniziare la sagomatura di tutti i canali con il GTX 20.06 (come indicato nelle istruzione del fabbricante Dentsply), dall’altra ho riscontrato che nei canali medi e larghi, iniziare con un 30.08, (che rappresenta lo strumento con cui desidero terminare) vuol dire arrivare alla lunghezza di lavoro dopo un solo paio di cicli di taglio. Se il 30.08 oppone resistenza, il lavoro potrà sicuramente essere completato con il 30.06.
Determinazione del Diametro Apicale (Apical Gauging)
Una volta che un GTX con la conicità di almeno .06 è arrivato alla lunghezza di lavoro, si deve misurare il diametro apicale, per accertarci che la conicità si estenda fino al forame (conicità apicale continua), e pertanto vi sia la certezza di aver eseguito un’adeguata detersione e di essere poi accurati durante la fase di otturazione.
Una variante della tecnica che io ho usato per rendere più breve tutta la procedura è quella che io definisco “gauging visivo”. Ho scoperto infatti che se esamino attentamente gli ultimi 2 mm apicali del primo strumento GTX che raggiunge la lunghezza di lavoro, posso dire immediatamente se è necessario utilizzare uno strumento a punta 30 oppure a punta 40.
Se la punta 20 si presenta con spire cariche di detriti, essa sarà stata sufficiente per creare una conicità apicale continua. Se invece gli ultimi 1 o 2 mm delle lame risultano privi di detriti, sarà sicuramente necessario ricorrere ad un GTX 30 o 40 per poter completare agevolmente il lavoro.
L’altra alternativa consiste nel cosidetto “gauging tattile”. In questa procedura vengono utilizzati come calibri gli strumenti in Nickel-Titanio K File, con un movimento rettilineo dentro-fuori, senza tagliare né impegnare gli strumenti, al fine di determinare il diametro del forame apicale.
Qualunque sia il K File che si impegna alla lunghezza di lavoro (20, 30, oppure 40), esso indica il diametro apicale, e di conseguenza si perfeziona la conicità. In altre parole, se un strumento di calibro 20 “scivola” attraverso il forame mentre il 30 si impegna alla lunghezza di lavoro, ciò significa che la preparazione del canale dovrà essere completata con uno strumento GTX della serie 30 o anche di dimensione maggiore.
Nel caso, poi, in cui il 20 passa attraverso il forame e il 25 (cioè una misura intermedia) si impegna, passo sempre allo strumento di dimensione immediatamente successiva, in questo caso ad uno strumento GTX della serie 30.
Ho sempre eseguito il “gauging tattile” in tutte le mie preparazioni, tra la fase iniziale e la fase finale della sagomatura, ma oggi mi affido più volentieri al “gauging visivo”, risparmiando così un passaggio, qualora ovviamente il canale necessiti di una sagomatura finale più ampia rispetto a quella fatta in precedenza dallo strumento che ha lavorato alla lunghezza di lavoro.
Per coloro che sono soliti fare la prova del cono prima della fase di otturazione, raccomando di utilizzare il sistema del “gauging tattile” per verificare il risultato finale della sagomatura, dato che queste tecniche di otturazione necessitano di una maggiore forma di resistenza rispetto alle tecniche di otturazione con carrier. Tutti coloro invece che otturano i canali con i GTX Obturators, possono tranquillamente evitare di ricorrere al “gauging tattile”.
Decisioni finali sulla Sagomatura
Ho già descritto come scelgo lo strumento finale per completare il lavoro di preparazione, tuttavia, per quegli operatori clinici che preferiscono preparazioni con diametri apicali più ampi, basta semplicemente utilizzare nella parte apicale del canale uno strumento della Serie GTX con la dimensione della punta di diametro immediatamente successivo rispetto a quanto mostrato dal “gauging”. Si tratta di una tecnica estremamente sicura, anche nei canali con curvature apicali, dal momento che la presenza di lame piatte a geometria variabile impedisce qualsiasi trasporto apicale, anche nelle misure più ampie e quindi più rigide.
Io, comunque, preferisco mantenere la preparazione più piccola che sia pratico, per cui in canali vergini, termino limitando la sagomatura del canale alla dimensione data dalla manovra del gauging.
Nei ritrattamenti, tuttavia, di solito preparo il forame apicale con un GTX di almeno una dimensione sopra, dato che vi sono molti detriti della vecchia otturazione che necessitano di essere rimossi, prima che le soluzioni irriganti possano assolvere la loro funzione antimicrobica e digestiva.
Per quanto riguarda i canali con diametri apicali molto ampi, i classici GT Accessori con conicità .12 e punta di calibro rispettivamente 50, 70 e 90, rimangono la scelta ideale per i clinici di qualsiasi parte del mondo. Con questi strumenti si eseguono conicità apicali estremamente significative, malgrado le punte abbiano diametri assai ampi, risultato impossibile da ottenere con strumenti privi del limite dato dal “massimo diametro del file” caratteristica unica degli strumenti delle Serie GT e GTX.
Un ultimo aspetto che gli operatori clinici forse vorrebbero considerare riguarda la “tecnica ibrida”, cioè l’utilizzo dello strumento rotante della Serie Standard GT 40.10 in canali medi e grandi, quando si desidera ottenere una conicità coronale leggermente più ampia (1,25 mm).
Conclusione
Il suggerimento che si può dare per una qualsiasi tecnica che “si riveli utile quasi in ogni momento” è quello di abituarsi ad utilizzare un buon giudizio clinico. In ogni radice di qualsiasi forma si nasconde la possibilità di una curvatura non visibile dalla radiografia, oppure la presenza di un restringimento assolutamente non tipico per quella particolare radice. In queste particolari circostanze è importante accettare il fatto che lo strumento che normalmente avremmo utilizzato alla lunghezza di lavoro non arrivi dove avremmo voluto e quindi si debba scendere ad uno strumento di calibro inferiore.
Inoltre, lo scopo della sagomatura è quello di permettere alle soluzioni irriganti di raggiungere tutte le estensioni apicali e laterali della radice, così che tutti i germi possano essere definitivamente eliminati. A questo scopo, dopo aver eseguito un rapido lavaggio con EDTA per rimuovere il fango dentinale, utilizzo la soluzione di NaClO al 5% per almeno 30 minuti nei casi necrotici e per almeno 45 minuti nei casi vitali.
Questa irrigazione è molto importante da ricordare e da mettere in pratica soprattutto quando tutto il lavoro di sagomatura abbia richiesto meno di un minuto di tempo. Infatti, il canale potrà sì essere stato ben sagomato, ma non è pulito. Nel caso in cui non sia disponibile una poltrona in cui fare accomodare il paziente che resti tutto questo tempo sotto costante irrigazione, in tal caso i canali devono essere riempiti con idrossido di calcio, la cavità d’accesso deve essere otturata provvisoriamente e il caso deve essere terminato dopo due settimane, cioè dopo che l’idrossido di calcio abbia avuto il tempo materiale di completare la detersione.
Per la maggior parte dei clinici che eseguono terapie endodontiche ai loro pazienti, la massima del loro lavoro pratico consiste nello slogan “meno è più”, cioè tutto più veloce, più semplice, meno strumenti, meno procedure, periodi di apprendimento più brevi, insomma tutto ciò è considerato ottimale. Tuttavia io credo che più di qualche operatore sarà rimasto non poco perplesso davanti agli strumenti della nuova Serie GTX. Alcuni di questi operatori si sono rivelati dei veri artisti nel comprendere la complessità di una tecnica che – in effetti – soltanto pochi possono eseguire alla perfezione (io ero uno di loro). Per risolvere – tuttavia – talune complessità operative che talvolta si possono presentare sarà sufficiente entrare dentro ai canali radicolari portandovi, uno per volta, tutti i tipi di lima, ed eseguire una differente tecnica in ogni canale dove si sia entrati: si potrà così rimanere piacevolmente stupefatti e ammirati nel notare la varietà di sagomature che ne potranno derivare.
Per me e per i miei colleghi contemporanei, vi è sempre un momento in cui due o tre strumenti e sagomature mostrano esattamente – ogni volta – la stessa rispondenza e perfezione (Figg. 7-10).
Fig. 7

Fig. 8

Fig. 9a

Fig. 9b

Fig. 10

Per coloro che si sentono ancora in colpa pensando ad una sagomatura ideale ottenuta in un solo minuto, di ricordiamoci dell’ultimo caso di ritrattamento oppure del caso in cui il secondo canale della radice mesio-vestibolare ci ha costretti a lavorare in …. ginocchio.
Per coloro che sentono la mancanza della sagomatura artistica della strumentazione “step-back”, consiglio di apprendere una nuova arte, mettendo a frutto il tempo che si risparmia nella attività pratica.
Didascalie
Fig. 1
Molare superiore trattato endodonticamente, con frattura verticale della radice mesio-vestibolare. La terapia endodontica è stata abbastanza corretta nella regione apicale (notare l’accuratezza del riempimento apicale e il significativo canale laterale nella radice mesio-vestibolare), tuttavia l’esagerato quanto inutile allargamento delle porzioni coronali dei canali ha prodotto una sostanziale perdita di integrità strutturale, e quindi la frattura della radice mesio-vestibolare dopo 5 anni dal trattamento.
Fig. 2
Visione “Micro-CT” di una radice mesiale curva di un molare inferiore sagomato con strumenti rotanti 30.06 con lame piatte e senza lame piatte. Il canale sagomato sulla sinistra, di dimensioni significativamente più conservative, è stata sagomato con l’utilizzo di un GT con lame piatte. Il canale sulla destra è stato invece sagomato con l’impiego di uno strumento senza lame piatte, della stessa misura e con la stessa conicità.
Fig. 3
Ricostruzione “Micro-CT” di canali curvi sagomati all’interno di una radice mesiale di un molare inferiore, per mettere a confronto i risultati ottenuti nel terzo apicale con l’utilizzo di strumenti rotanti con punta a lame piatte e con punta con geometria aggressiva. Notare il canale sulla destra che evidenzia un serio problema di trasporto (punta aggressiva) e il canale sulla sinistra, localizzato al centro della traiettoria originale del canale (punta a lame piatte).
Fig. 4
Strumento della Serie GTX. Notare il diametro massimo del gambo di 1 mm, la punta a lame piatte, l’angolo della lama più aperto in modo costante e la larghezza variabile delle lame piatte. La loro larghezza in punta e all’estremità coronale appare la metà di quella esistente nella regione intermedia delle lame, e questo consente un taglio rapido senza problemi di trasporto.
Figg. 5a, 5b
Ricostruzioni “Micro-CT” per mettere a confronto gli strumenti della Serie GT Standard e gli strumenti della Serie GTX riguardo il trasporto dei canali curvi. In questa radice mesiale di molare inferiore fortemente curva, le sagomature dei canali adiacenti, preparati con l’utilizzo dei differenti set di strumenti, appaiono virtualmente identiche e mostrano un’eccezionale fedeltà alle traiettorie originali dei canali.
Fig. 6
Lime della Serie GTX. Questo ridotto set di lime con le loro punte di dimensioni 20, 30 e 40 sagomeranno praticamente tutti i canali, con la sola eccezione dei canali con diametro apicale assai largo, nei quali può essere utilizzata la Serie Standard dei GT Accessori con conicità .12 e diametro delle punte rispettivamente di 50, 70 e 90.
Fig. 7
Caso clinico sagomato con lime della Serie GTX. I canali mesio-vestibolari sono stati sagomati con lime GTX 20.06 e 30.06, il canale disto-vestibolare ha richiesto le lime 20.04 e 20.06, mentre il canale palatino è stato sagomato con le lime 20.06 e 40.08. Il tempo per il lavoro di sagomatura (cioè il tempo necessario a completare il lavoro di taglio delle lime) per questo caso è stato di un minuto e mezzo e ha richiesto l’utilizzo di soltanto quattro lime della Serie GTX. Ognuno dei canali è stato sondato con una lima 15 prima di utilizzare le lime rotanti GTX, senza l’impiego di nessun altro strumento manuale.
Fig.8
Caso clinico trattato durante una dimostrazione dal vivo in occasione del’ADA Meeting di San Francisco nel mese di Settembre 2007. I canali mesio-vestibolari hanno richiesto l’utilizzo delle lime GTX 20.06 e 20.04, quindi un K File in Nichel-Titanio di calibro 20 per creare una sagomatura iniziale alla lunghezza di lavoro, dopo di che una lima GTX 20.06 ha completato le sagomature in questi canali. Il canale disto-vestibolare ha richiesto soltanto l’utilizzo di una lima GTX 20.06, con due cicli di taglio, per arrivare alla lunghezza di lavoro, completando poi la sagomatura con una lima GTX 30.06. Il canale palatino è stato inizialmente sagomato con una lima GTX 30.08 ed è stato quindi completato con un GT 40.10 della Serie Standard.
Figg. 9a, 9b
Ritrattamento di un caso che evidenzia tre canali nella radice mesiale e due canali nella radice distale. Tutti e cinque questi canali sono stati sagomati con l’utilizzo di soli tre strumenti GTX. (Per gentile concessione del Dr. Roger Warren, Sandy, Utah).
Fig.10
Molare superiore splendidamente sagomato con l’utilizzo degli strumenti della Serie GTX. Notare l’accentuata curvatura dei tre canali vestibolari, ognuno con una curva di 90 gradi. Questo caso è stato sagomato con cinque lime della Serie GTX. (Per gentile concessione del Dr. Filippo Santarcangelo, Bari, Italy).
Bibliografia
Costa GE, Johnson JD, Hamilton RG (2001): Cross-Reactivity studies of gutta-percha, gutta-balata, and natural rubber latex (Hevea brasiliensis). J Endod 27(9): 584-7
Orstavik D (2005): Materials used for root canal obturation: technical, biological and clinical testing. Endodontic Topics 12:25-38
Ram Z (1977): Effectiveness of root canal irrigation. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 44(2):306-12
Schilder H (1974): Cleaning and shaping the root canal system: Dent Clin North Am 18(2): 269-96
Seltzer S, Bender IB, Turkenkopf S (1963): Factors affecting successful repair after root canal therapy. J Am Dent Assoc 67:651-62
Shen Y, Cheung GS, Bian Z, Peng B (2006): Comparison of defects in Profile and ProTaper systems after clinical use. J Endod 32(1): 61-5
Sjogren U, Hagglund B, Sundquist G, Wing K (1990): Factors affecting the long-term results of endodontic treatment. J Endod 16(10): 498-504
Strindberg LZ (1956): The dependence of the results of pulp therapy on certain factors. An analytic study based on radiographic and clinical follow-up examination. Acta Odont Scand 14(Suppl 21): 1-175
Swartz DB, Skidmore AE, Griffin JA, Jr (1983): Twenty years of endodontic success and failure. J Endod 9(5): 198-202
Tavares T, Soares IJ, Silveira NL (1994): Reaction of rat subcutaneous tissue to implants of gutta-percha for endodontic use. Endod Dent Traumatol 10(4): 174-8
Weine FS, Kelly RF, Lio PJ (1975): The effects of preparation procedures on original canal shape and on apical foramen shape. J Endod 1(8): 255-62
Curriculum
Il Dr. Stephen Buchanan, DDS, FICD, FACD, uno dei maggiori esperti nel campo dell’endodonzia, è rinomato per le sue presentazioni multimediali, per la ricerca anatomica in 3 D, per i suoi articoli sulle tecniche procedurali e per la progettazione di strumenti rivoluzionari. Il Dr. Buchanan è Diplomate presso l’American Board of Endodontics ed è membro dell’International College of Dentistry e dell’American College of Dentistry. Ha tenuto conferenze a livello nazionale e internazionale, collabora anche con la Facoltà di Odontoiatria della University of Pacific School of Dentistry e con la University of Southern California. Vive a Santa Barbara, CA, dove sviluppa nuovi strumenti, produce materiale didattico, tiene corsi pratici e gestisce un ambulatorio privato limitato all’endodonzia e alla chirurgia implantare.
Sito Web: www.endobuchanan.com
info@endobuchanan.com
Per informazioni:
zerodonto@gmail.com
Traduzione realizzata a cura del Dott. Arnaldo Castellucci. Articolo pubblicato su L’Informatore Endodontico Vol.11 N° 1 2008, pagg 6-17