Viene proposta una metodica innovativa di spostamento ortodontico di elementi dentari monconizzati a fini protesici mediante protesi parziali fisse provvisorie in resina individualizzate con materiali resilienti. Vengono presentati due casi clinici con follow-up a 4 anni.
Caso clinico 1
Si presentava all’osservazione degli operatori un paziente di sesso maschile di 26 anni, precedentemente trattato con una protesi fissa incongrua di tipo full-arch all’arcata mascellare a seguito di un trauma. Il paziente aveva riportato l’avulsione di 21 e la realizzazione del ponte aveva previsto la monconizzazione degli elementi da 15 a 25.
All’esame clinico tale protesi si rivelava esteticamente incongrua a causa di evidenti aberrazioni di forma e colore degli elementi di sostituzione. In aggiunta alle problematiche estetiche, a causa delle quali il paziente richiedeva una nuova riabilitazione, si evidenziava uno stato di sofferenza parodontale diffusa dei monconi protesici, con un sondaggio variabile tra 4 e 5 mm; soddisfacenti e compatibili con uno stato di salute parodontale erano, invece, le condizioni dei restanti elementi dentari.
Il paziente presentava un’agenesia di 12 con permanenza in arcata di 53 e mesializzazione di 13. Gli esami radiografici rivelavano pregresse terapie canalari incongrue a carico di 11, 13 e 22 con insorgenza di parodontite apicale cronica. Si evidenziava, inoltre, un deficit osseo verticale a carico di 53 ed uno stato di rizalisi avanzata del medesimo elemento.
Al fine di realizzare una nuova riabilitazione protesica funzionalmente corretta ed esteticamente soddisfacente, è stato proposto al paziente il seguente piano di trattamento:
– terapia eziologica parodontale, per ripristinare un valido stato di salute parodontale;
– ritrattamento endodontico di 11, 13 e 22;
– intervento di chirurgia muco-gengivale mediante lembo a riposizionamento apicale, al fine di armonizzare la festonatura gengivale e ristabilire una corretta dimensione biologica;
– estrazione di 53 ed inserimento di un impianto post-estrattivo ritardato;
– rigenerazione ossea in regione 21 e posizionamento di un impianto differito; – riabilitazione protesica fissa con corone in zirconia-ceramica.
Il paziente, opportunamente informato dei vantaggi e degli svantaggi delle terapie proposte e delle possibili alternative, accettava tale piano di trattamento, ad eccezione delle rigenerazione ossea e dell’impianto in regione 21, e firmava un consenso informato ad personam.In regione 21 pertanto si pianificava un innesto di connettivo per ripristinare la convessità vestibolare.
Procedure chirurgiche
L’intervento di chirurgia muco-gengivale mediante lembo a riposizionamento apicale è stato effettuato eseguendo un’incisione paramarginale da mesiale 16 a mesiale 26, senza eseguire tagli di rilascio. Dopo aver eseguito lo scollamento del lembo a spessore totale, sono state effettuate delle suture divaricanti vestibolari e palatali, al fine di preservare da eventuali danni intraoperatori i lembi mucosi e poter avere una visione completa e priva di interferenze del campo operatorio. La quota di orletto mucoso residuo intorno ai denti è stata eliminata.
Al fine di regolarizzare la festonatura gengivale, è stata eseguita un’osteoplasica a livello di 11, 13, 22 e 23. Tale regolarizzazione è stata effettuata con una fresa a rosetta al carburo di tungsteno montata su moltiplicatore di giri a bassa velocità e con continua irrigazione di soluzione fisiologica. Per la rifinitura dell’osso lungo il profilo radicolare, è stata usata una fresa diamantata a basso numero di giri per evitare l’insorgenza di piccole tacche sulle radici causate dalla fresa a rosetta.
La modellazione ossea è stata effettuata nel rispetto della dimensione biologica e dei canoni estetici secondo i parametri descritti in letteratura. In un parodonto sano, la dimensione biologica è definita come la distanza tra il margine gengivale libero e la cresta ossea ed è pari a circa 3 mm. Inoltre, in un sorriso armonico, la tangente passante per lo zenit della parabola gengivale degli incisivi centrali e dei canini dovrebbe essere circa 1 mm più apicale rispetto al margine gengivale libero degli incisivi laterali mascellari; durante un ampio sorriso, tale tangente dovrebbe essere sfiorata dal vermiglio del labbro superiore.
Nel rispetto di tali parametri, l’odontotecnico ha provveduto a preparare una protesi parziale fissa provvisoria in resina, preparando i denti e modificando i tessuti marginali sul modello di lavoro. Il provvisorio è stato utilizzato come dima intraoperatoria per la regolarizzazione dell’osso. Tale procedura, pertanto, è stata realizzata posizionando il margine osseo circa 2 mm apicalmente al margine di preparazione del provvisorio.
Contestualmente alla chirurgia muco-gengivale, veniva estratto il 53 a causa della severa compromissione radicolare evidenziata dagli esami radiografici. E’ stata effettuata un’avulsione minimamente traumatica, al fine di preservare il più possibile l’alveolo residuo, avendo pianificato il posizionamento di un impianto post-estrattivo ritardato.
Al termine dell’intervento, è stata rifinita la preparazione degli elementi dentari precedentemente monconizzati al fine di adattare il provvisorio. E’ stata effettuata una ribasatura intraorale con resina auto polimerizzante a freddo, ponendo la massima cautela nel mantenere i margini chirurgici liberi da residui resinosi e lucidando a specchio i margini di chiusura protesica, per ridurre il rischio di ritenzione di placca.
Successivamente sono stati effettuati i ritrattamenti endodontici di 11, 13 e 22 ed i monconi sono stati ricostruiti mediante perni in fibra di vetro e resine composite caricate. Previa preparazione degli stessi, è stata effettuata la ribasatura del provvisorio.
A sei settimane dal lembo a riposizionamento apicale, è stato inserito l’impianto post-estrattivo ritardato in regione 53 ed un innesto di tessuto connettivo su 21 per ripristinare una corretta morfologia vestibolare.
Il moncone in posizione 22 risultava più lingualizzato rispetto ai restanti elementi da protesizzare. La realizzazione di un restauro collineare in senso vestibolo-palatale con le altre corone senza effettuare uno spostamento ortodontico del moncone in regione 22 avrebbe significato creare un surplomb di ceramica sul versante vestibolare. Ciò avrebbe determinato la formazione di un’area difficilmente detergibile con aumentato rischio di sofferenza parodontale, nonché un evidente inestetismo. Di conseguenza, si rendeva necessario l’allineamento ortodontico del supporto, mediante vestibolarizzazione di 22.
Un approccio ortodontico tradizionale avrebbe richiesto la realizzazione di una corona provvisoria singola su 22 e l’applicazione di brackets vestibolari o linguali. Tuttavia, il paziente richiedeva espressamente una terapia non visibile e che non prevedesse gli ingombri dell’ortodonzia tradizionale. E’ stato progettato, pertanto, uno spostamento dell’elemento monconizzato sfruttando il solo provvisorio in resina opportunamente modificato con materiali resilienti.
Tale approccio innovativo è stato ideato sulla base dell’esperienza maturata con le tecniche ortodontiche che sfruttano mascherine trasparenti termoformate e prevede la realizzazione di movimenti controllati per lo spostamento dei monconi sul modello in gesso. La posizione ideale va studiata mediante una ceratura diagnostica. Di seguito, vanno creati tanti duplicati del modello di lavoro quanti sono i passaggi necessari all’ottenimento del movimento desiderato e su ciascun duplicato si realizza un set-up con uno spostamento del moncone verso la nuova posizione pari a 0.3 mm rispetto al precedente. Tali spostamenti vanno calibrati mediante cartoncini a spessore noto.
E’ stata rilevata un’impronta di precisione dell’arcata superiore con un silicone per addizione ed il laboratorio odontotecnico ha realizzato un modello di lavoro con un moncone sfilabile in regione 22. Veniva colato nell’impronta dapprima il solo moncone con la porzione vestibolare dei tessuti di supporto, dopodiché tale basetta in gesso veniva isolata con vaselina e veniva colato il resto del modello. In questo modo, si è ottenuto un moncone sfilabile che poteva essere spostato vestibolarmente.
Il setup del movimento desiderato è stato realizzato mediante l’interposizione palatalmente alla suddetta basetta sfilabile di cartoncini calibrati di spessore pari a 0.3 mm, in modo da poter controllare lo spostamento del moncone. Come descritto in precedenza, il modello master è stato duplicato tante volte quanti erano i passaggi necessari al raggiungimento della posizione desiderata, al fine di realizzare i vari setup. Nella fattispecie, sono stati effettuati 8 movimenti, per uno spostamento vestibolare globale pari a 2.4 mm.
Sulla base di tali modelli di setup, il provvisorio è stato di volta in volta rimosso dalla sede intraorale, ripulito dal cemento provvisorio, scaricato dalla resina che circondava il moncone di 22 e ribasato sul successivo setup con un silicone resiliente che fornisse una forza ortodontica lieve, al fine di ottenere il movimento desiderato. E’ stato utilizzato un silicone per ribasatura a freddo di protesi rimovibili in virtù della spiccata elasticità. Di seguito, il provvisorio è stato scaricato sempre in lieve eccesso, in modo da far sì che il silicone resiliente circondasse l’intera periferia del moncone.
Dopo aver ultimato la ribasatura e la rifinitura, il provvisorio così modificato veniva ricementato con cemento temporaneo, escludendo dalla cementazione il moncone da spostare. La limitata discrepanza di posizione (0.3 mm) tra il moncone in sede intraorale e la posizione di setup generava una forza lieve che spostava il moncone in direzione vestibolare. Il paziente avvertiva una blanda tensione per alcune ore, paragonabile a quanto riportato dai pazienti sottoposti a terapia ortodontica tradizionale.
Ogni due settimane, il provvisorio veniva modificato in base al successivo setup, fino al raggiungimento della posizione programmata con la ceratura diagnostica.
Il lavoro protesico è stato finalizzato mediante strutture in zirconia-ceramica.
In sintesi, la tecnica proposta ha permesso di utilizzare il provvisorio come una mascherina ortodontica termoformata analoga a quelle impiegate nelle tecniche di ortodonzia estetica.
Considerato lo spostamento vestibolare necessario al raggiungimento di una posizione protesicamente corretta, non evidenziabile in maniera affidabile mediante una semplice radiografia endorale, la gestione di questo primo caso non ha permesso di constatare se il movimento dentario ottenuto fosse corporeo o solo coronale. Gli autori ritengono, tuttavia, che lo spostamento abbia coinvolto esclusivamente la corona dentaria, come, tra l’altro, accade sovente con le terapie ortodontiche estetiche cui si è accennato in precedenza.
Caso clinico 2
Giungeva all’osservazione degli operatori una paziente di sesso femminile di 32 anni che aveva perso nel corso degli anni diversi elementi dentari per motivi parodontali e presentava un protesi parziale fissa all’arcata superiore di tipo full-arch separata sulla linea mediana. Tale protesi si presentava incongrua sia dal punto di vista funzionale che estetico.
Tre molari parodontalmente compromessi sono stati trattati con levigature radicolari e mantenuti in arcata nella prima fase di trattamento al fine di fornire ritenzione per la protesi provvisoria.
A seguito della terapia parodontale causale, sono stati inseriti 6 impianti non sommersi a livello delle lacune dentarie residue.
Gli impianti sono stati inseriti mediante una mascherina chirurgica costruita sulla base di una ceratura diagnostica approvata dalla paziente, che prevedeva lo spostamento verso la linea mediana dei due incisivi centrali e la chiusura del diastema di circa 4 mm.
Le due cerature diagnostiche possibili che non prevedevano lo spostamento dei due centrali venivano scartate dalla paziente.
E’ stata rilevata un’impronta di precisione dell’arcata superiore con un silicone per addizione ed il laboratorio odontotecnico ha realizzato un modello di lavoro con due monconi sfilabili in regione 11 e 21. Le procedure eseguite sono state analoghe a quelle descritte nel Caso clinico 1.
I monconi degli incisivi centrali sono stati separati lungo la linea mediana ed il setup ortodontico è stato effettuato interponendo distalmente a ciascuno di essi dei cartoncini calibrati dello spessore di 0.25 mm, per ottenere un reciproco spostamento mesiale finalizzato alla chiusura del diastema interincisivo. Come
precedentemente descritto, sono stati realizzati 8 setup, per uno spostamento complessivo pari a 4 mm (2 mm per ciascun moncone).
Analogamente a quanto riportato nel Caso clinico 1, il provvisorio è stato di volta in volta rimosso dalla sede intraorale, ripulito dal cemento provvisorio, scaricato dalla resina che circondava i monconi di 11 e 21 e ribasato sul successivo setup con un silicone resiliente che fornisse una forza ortodontica lieve, al fine di ottenere il movimento desiderato. E’ stato utilizzato il silicone per ribasatura a freddo di protesi rimovibili precedentemente descritto. Il provvisorio è stato scaricato sempre in lieve eccesso, in modo da far sì che il silicone resiliente circondasse l’intera periferia dei monconi.
Dopo aver ultimato la ribasatura e la rifinitura, il provvisorio così modificato veniva ricementato con cemento temporaneo, escludendo dalla cementazione i monconi da spostare. La limitata discrepanza di posizione (0.25 mm per ciascun elemento) tra i monconi in sede intraorale e la posizione di setup generava una forza lieve che spostava reciprocamente i monconi in direzione mesiale.
Ogni due settimane, il provvisorio veniva modificato in base al successivo setup, fino al raggiungimento della posizione programmata con la ceratura diagnostica.
Per le prime quattro settimane, il provvisorio è stato diviso a livello della linea mediana; successivamente, esso è stato solidarizzato in questa zona mediante resina autopolimerizzante a freddo, in modo da esercitare una forza reciproca lievemente maggiore. Nelle fasi in cui era stato mantenuto separato sulla mediana, infatti, nelle prime ore dopo la cementazione si evidenziava un piccolo diastema generato dalla tensione esercitata dai monconi sul provvisorio stesso.
Dopo circa tre mesi si otteneva lo spostamento mesiale dei due monconi di circa 4 mm.
Il lavoro protesico è stato finalizzato mediante strutture in oro-ceramica.
In questo caso, considerato il reciproco spostamento mesiale necessario al raggiungimento di una posizione protesicamente corretta, è stato possibile verificare con radiografie endorali standardizzate che lo spostamento ottenuto è stato prevalentemente coronale, come accade sovente con le terapie ortodontiche estetiche cui si è accennato in precedenza.
PRIMA DELLO SPOSTAMENTO
DOPO LO SPOSTAMENTO
Conclusioni
L’innovativa tecnica proposta può rivelarsi un valido ausilio qualora sia necessario ottenere lo spostamento ortodontico di elementi dentari monconizzati in maniera semplice e limitando il discomfort del paziente, che non dovrà tollerare gli ingombri delle apparecchiature ortodontiche tradizionali. A differenza di quanto richiesto dal montaggio dei brackets ortodontici tradizionali, inoltre, non sarà necessario utilizzare elementi protesici provvisori singoli, la cui realizzazione può risultare indaginosa in mancanza degli elementi dentari adiacenti.
Come ogni spostamento ortodontico, tuttavia, al fine di ottenere un movimento congruo e controllato , sarà necessario avvalersi di un valido ancoraggio; l tecnica descritta, pertanto, è consigliabile qualora si abbiano a disposizione travate protesiche sufficientemente lunghe o elementi a supporto implantare.
Nell’opinione degli autori, la gestione della tecnica descritta si è rivelata semplice e di rapida esecuzione, risolvendo problematiche funzionali ed estetiche con un approccio minimamente invasivo e senza dover ricorrere a marcati compromessi. La metodica potrebbe risultare di particolare interesse in presenza di radici residue a seguito di rizectomia, per ottimizzare la posizione dei monconi.
Non sono stati evidenziati problemi clinici in termini di direzione del movimento, riuscendo a realizzare in maniera piuttosto agevole sia spostamenti palato-vestibolari che disto-mesiali.
Viceversa, sono stati tentati senza successo o con risultati minimi movimenti di intrusione ed estrusione, applicando dei bottoni in resina composita ai monconi.
Nell’opinione degli autori, sulla base della limitata esperienza clinica maturata con le procedure descritte, la tecnica andrà senza dubbio perfezionata, validata clinicamente in termini di follow-up ed approfondita negli aspetti biomeccanici ma può aprire interessanti prospettive di sviluppo peculiarmente in ambito protesico.
La validazione biomeccanica dei movimenti ottenuti è stata effettuata mediante modelli in vitro con estensimetri.
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