A chi non piacerebbe poter trasformare in oro tutto ciò che si tocca, proprio come il mitologico Re Mida? La risposta farà storcere il naso a molti: probabilmente una simile capacità non farebbe comodo agli odontoiatri!
Ce ne hanno dette di tutti i colori: siamo l’unica categoria a mangiare con la bocca degli altri, ci salutano con un ampio sorriso accompagnato da un “Carissimo” riferendosi più alle nostre (spesso presunte) onerose parcelle di categoria che al sentimento di affetto che può legarci all’interlocutore! Eppure, oggi giorno, stiamo assistendo ad una completa inversione di tendenza nel mondo dell’odontoiatria: l’oro non piace più a (quasi) nessuno.
Il classico “dente d’oro” in bella vista, peculiare, nell’immaginario collettivo, di determinati gruppi etnici o limitato agli appartenenti di alcune periferie metropolitane, oggi non fa più tendenza, eccezion fatta per taluni eccentrici personaggi da palcoscenico statunitensi. Se non c’è richiesta, cade anche l’offerta e a questa legge di mercato non possono sottrarsi nemmeno gli odontoiatri.
Coloro i quali si sono formati ed hanno lavorato per anni secondo i principi classici della protesi tradizionale si vedono costretti, oggi giorno, ad abbandonare i manufatti in oro-ceramica (o, più genericamente, metallo-ceramica) che garantivano e, nella maggior parte dei casi, garantiscono tutt’oggi precisione, adattamento marginale e resistenza meccanica ottimali.
Masticare bene e masticare a lungo sembra, adesso, meno importante della ricerca, non sempre giustificata e talvolta esasperata, dell’estetica: evviva il bianco che più bianco non si può! Del resto, quanti colleghi smontano quotidianamente “secolari” restauri in amalgama su denti spesso e volentieri del tutto asintomatici sostituendoli con bianchissime resine composite che, molto probabilmente, come ci insegna la letteratura internazionale, tra 5 anni andranno per lo meno rivedute e corrette?
Attenzione: questa non vuole essere una polemica contro i restauri estetici, al contrario, ma non possiamo dimenticare che, eseguendo lege artis le nostre preparazioni protesiche e ricavando degli spessori che permettessero agli odontotecnici una opportuna stratificazione della ceramica, anche gli ormai in disuso manufatti in metallo-ceramica hanno sempre consentito di ottenere risultati più che soddisfacenti anche da un punto di vista estetico.
Il passaggio ai restauri “metal-free” cui assistiamo ormai da qualche anno, quindi, va accolto molto positivamente per le nuove possibilità che ci vengono fornite in termini di estetica ma questo non deve significare dimenticare i principi biologici ed operativi che da sempre accompagnano un uso sapiente delle frese in protesi.
L’assenza dei margini metallici non deve essere intesa come la possibilità di chiudere in sovracontorno i nostri restauri: perché “perdere tempo” a creare una spalla se abbiamo dei materiali estetici che perdonano ogni imperizia dell’odontoiatra e/o dell’odontotecnico? La risposta è semplice: perché l’estetica corretta non è solo bianca ma è anche rosa e la salute dei tessuti molli è indice di una corretta realizzazione ed integrazione dei manufatti nel cavo orale.
Preparare una spalla non è una perdita di tempo ma è l’unico modo che abbiamo per non arrecare danni ai tessuti, per rispettare non solo la biologia ma anche i nostri pazienti, per dimostrare a noi stessi che non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che svolge anche correttamente la propria funzione. La resistenza meccanica può esistere in assenza di estetica laddove l’estetica non può esistere in assenza di una validità funzionale a lungo termine di un restauro.
Questa deve essere la nuova filosofia dei restauri protesici metal-free: bianco, resistente e biocompatibile. E, fortunatamente, questa è già realtà: addio bordini metallici, addio discromie gengivali, addio ceramiche opache! Il tutto grazie alle ceramiche integrali di ultima generazione, caratterizzate da valori di resistenza meccanica paragonabili, se non addirittura superiori, a quelli delle tradizionali leghe ad uso odontoiatrico. Mi riferisco ad allumina e zirconia che, in realtà, ceramiche non sono!
I materiali che oggi siamo soliti definire “ceramiche integrali”, o almeno quelli maggiormente utilizzati in ambito odontoiatrico, infatti, sono ossidi metallici: ossido di alluminio ed ossido di zirconio, per la precisione (donde l’adozione dei termini anglosassoni “alumina” e “zirconia”).
Grazie a materiali di questo tipo, oggi possiamo riabilitare tutti i settori del cavo orale con protesi estetiche e resistenti, limitando l’impiego del metallo a situazioni cliniche particolari, come nei pazienti bruxisti: in casi del genere (non ce ne vogliano i sostenitori del “bianco a tutti i costi”) tavolati occlusali in lega metallica possono offrirci una occlusione protetta a lungo termine alla quale preferiamo non rinunciare.
Tra l’altro, diciamo la verità: questa estetica è poi così necessaria in tutti i settori del cavo orale? Secondo noi no. Ma questa è un’altra storia… (RS)
Per informazioni:
zerodonto@gmail.com