Nella progettazione di un piano di trattamento di un paziente implanto-protesico, ai fini di una prognosi fausta della riabilitazione a lungo termine, è fondamentale l’approccio multidisciplinare. Tuttavia a volte, nonostante l’impegno a realizzare un piano di trattamento ideale, può accadere di doversi confrontare con uno spazio incongruo al momento di inizio delle procedure protesiche.
Tale evenienza può essere dovuta o ad una mancata stabilità occlusale, erroneamente non corretta all’inizio del trattamento, o alla scarsa compliance dei pazienti che, spesso, non rispettano i tempi dei richiami periodici stabiliti dall’odontoiatra.
In assenza di un corretto ingranaggio occlusale e/o di opportuni mantenitori di spazio, gli elementi dentari adiacenti ad una sella edentula, infatti, possono andare incontro a versioni anche di pochi decimi di millimetro che esitano, però, in complicanze protesiche tutt’altro che trascurabili. Nei casi più estremi, come in questo caso, può risultare addirittura impossibile accoppiare le componentistiche implanto-protesiche a causa di uno spazio di accesso occlusale insufficiente per accedere al collo dell’impianto.
Pertanto sfruttando l’impianto che, essendo osteointegrato, è un punto fermo di ancoraggio e non può quindi spostarsi dalla sua posizione, ho ideato una tecnica per spostare gli elementi dentari. L’idea è nata osservando lo spazio che si crea mesialmente e distalmente ai molari utilizzando gli elastici separatori per l’inserimento delle bande in ortodonzia. Tale tecnica permette di risolvere semplicemente problematiche di recupero spazio in maniera non invasiva. Determina un movimento ortodontico di inclinazione incontrollata indicato per la risoluzione di tali inclinazioni dentarie.
Case report
Il paziente S.R., di sesso maschile e 32 anni di età, era stato sottoposto con successo a terapia chirurgica implantare in regione 16, al fine di sostituire un elemento dentario precedentemente avulso.
Una attenta analisi degli spazi era stata effettuata durante la pianificazione del trattamento per poter inserire la fixture in una posizione protesicamente guidata ottimale. Ciò nonostante, il paziente era mancato più volte ai controlli periodici richiesti, presentandosi dopo 2 anni dalla chirurgia implantare. E’ stata immediatamente evidenziata una mesio-versione dell’elemento 17 (figg.1-2) intervenuta in quel lasso di tempo.
Tale mesio-versione inficiava la pianificazione restaurativa programmata, rendendo necessaria la distalizzazione della corona dell’elemento 17 al fine di riaprire correttamente lo spazio protesico. Il paziente, però, ha rifiutato sia la realizzazione di un intarsio sull’elemento 17, giustificato esclusivamente dalla possibilità di recuperare almeno parte di tale spazio modificando il profilo mesiale del dente, sia una tradizionale terapia ortodontica.
Si è proceduto, pertanto, all’avvitamento di un abutment implantare pieno (figg.3) che è stato, poi, preparato intraoralmente per ottimizzare gli spessori sia in senso mesiodistale che in senso occlusale necessari alla realizzazione del manufatto protesico definitivo (figg.4-5-6).
Di seguito, è stata effettuata una tradizionale ribasatura intraorale con resina autopolimerizzante di una corona provvisoria in resina acrilica realizzata in laboratorio (fig.7). La rifinitura di quest’ultima è stata invece realizzata extraoralmente utilizzando un analogo implantare da laboratorio (fig.8), in modo da rendere ottimale la chiusura del margine e riducendo il discomfort del paziente (figg.9-10-11-12-13).
La morfologia emergente del provvisorio è stata realizzata in modo da consentire un facile accesso igienico al collo impiantare. Infine, la corona provvisoria è stata cementata sull’abutment con un cemento provvisorio senza eugenolo. (fig 14)
Dopo avere rimosso i residui di cemento, è stato inserito un elastico ortodontico (fig.15) nella zona di contatto tra la corona provvisoria e l’elemento 17, al fine di esercitare una forza lieve per distalizzare la corona del molare, realizzando un movimento di inclinazione incontrolata (fig.16).
A distanza di 10 giorni, è stato recuperato uno spazio di circa 1,5mm (figg.16-17-18) e si è proceduto a ricreare un corretto punto di contatto e procedere nuovamente all’inserimento di un nuovo elastico. A distanza di altri 10 giorni avevamo ottenuto uno spazio protesico congruo e si è potuti procedere con la realizzazione del manufatto protesico.
Tale tecnica ci è sembrata molto semplice e versatile a tal punto da pensare di poterla utilizzare in zone edentule dove lo spazio è ridotto per inclinazione coronale degli elementi dentari adiacenti. Si potrebbe quindi inserire un impianto in una zona edentula con spazio ridotto, rispetto a quello richiesto per la realizzazione della corona protesica, prevedendo il futuro spostamento degli elementi dentari con questa tecnica (fig 19,20 21,22).
Ovviamente la tecnica è realmente valida ed efficace solo se i denti da spostare hanno subito una mesio-versione o una disto-versione della corona. In questi casi per recuperare lo spazio protesico è necessario un movimento di inclinazione incontrollato che si può ottenere facilmete utilizzando un elastico separatore. Quando invece è necessario realizzare uno spostamento corporeo lo si può sempre realizzare ancorandosi agli impianti ma utilizzando altri dispositivi.
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