Introduzione e cenni storici
Gli anestetici locali, farmaci ampiamente utilizzati nella pratica clinica, hanno rivoluzionato le potenzialità della medicina moderna sia in ambito diagnostico che terapeutico. Nel primo caso, gli anestetici locali vengono adoperati per la preparazione del paziente alle diverse metodiche endoscopiche e/o radiodiagnostiche mentre nel secondo, l’utilizzo di tali farmaci è diventato appannaggio di tutte le branche chirurgiche, tra le quali anche quella odontoiatrica.
Gli anestetici locali sono stati scoperti per la prima volta nel 1884, quando Carl Koller, un giovane oculista Viennese, instillò la cocaina, una sostanza naturale, nel proprio sacco congiuntivale ottenendo un effetto anestetico. Pochi anni dopo venne sintetizzato il primo anestetico locale di tipo sintetico, la procaina (Einhorn, 1904) (1).
Da allora, l’uso di anestetici locali ha registrato un incremento continuo e a fronte di tale aumento della domanda si è assistito ad un diversificarsi significativo dell’offerta con l’introduzione di una vasta gamma di preparati.
I farmaci per l’anestesia locale possono essere responsabili di reazioni avverse in seguito alla loro somministrazione, ed in particolare di reazioni di ipersensibilità allergica anche in ambito odontostomatologico. In taluni casi il problema delle suddette reazioni appare sovrastimato diventando causa di immotivati astensionismi terapeutici. Questa comunicazione nasce, pertanto, dall’intenzione di illustrare gli aspetti patogenetici e clinici delle reazioni di ipersensibilità agli anestetici locali in modo tale da poter proporre un modello comportamentale per l’odontoiatra di fronte alle diverse reazioni indotte da questi farmaci.
Struttura e Classificazione
I farmaci appartenenti al gruppo degli anestetici locali (AL) hanno una comune configurazione molecolare rappresentata da un anello aromatico lipofilo legato ad un gruppo aminico idrofilo (1). Il tipo di legame è utilizzato per classificare questi farmaci in due sottogruppi: esteri ed amidi (Tab. 1). I primi, derivati dell’acido para-aminobenzoico (PABA) e ormai superati, includono la cocaina, procaina, tetracaina, benzocaina e cloroprocaina. Il gruppo degli amidi, il più utilizzato attualmente, è rappresentato dalla lidocaina, mepivacaina, etidocaina, prilocaina, bupivacaina e dibucaina.
Tab.1
ESTERI |
AMIDI (due lettere “i” nel loro nome) |
Procaina |
Lidocaina |
Tetracaina |
Mepivacaina (es. Carbocaina ®) |
Benzocaina |
Articaina |
Cloroprocaina |
Prilocaina |
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Bupivacaina |
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Dibucaina |
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Etidocaina |
Meccanismo d’azione
Gli anestetici locali esercitano un effetto anestetico attraverso il blocco della trasmissione dell’impulso nervoso e conseguentemente dei segnali provenienti dai recettori nocicettivi afferenti al livello cerebrale. Il blocco della conduzione nervosa è ottenuto attraverso il legame reversibile dell’anestetico locale ai canali di voltaggio di sodio a livello della membrana cellulare ostacolando la formazione dei potenziali d’azione. La natura lipofilica dell’anestetico locale agevola la diffusione attraverso la membrana cellulare legandosi a livello intracellulare (2).
Metabolismo
Gli anestetici locali di tipo estere subiscono una rapida idrolisi da parte delle colinesterasi plasmatiche ad eccezione della cocaina che viene metabolizzata a livello epatico. Il PABA è un metabolica intermedio, inattivo nei confronti dell’induzione dell’anestesia ma ha proprietà sensibilizzanti (1). Considerato che i parabeni sono presenti sottoforma di additivi in diverse lozioni, cosmetici ed alimenti, alcuni pazienti già sensibilizzati nei confronti dei parabeni possono avere delle reazioni di cross-reattività al PABA se adoperano anestetici locali di tipo estere. Questi fenomeni sono alla base della più alta frequenza delle reazioni allergiche agli anestetici locali del gruppo degli esteri rispetto agli amidi. Difatti, l’incidenza delle reazioni di ipersensibilità agli anestetici locali è in riduzione dagli anni ’50 in poi, epoca in cui sono stati introdotti gli amidi.
Gli amidi vengono primariamente metabolizzati a livello epatico cui segue l’escrezione renale. In pazienti affetti da grave insufficienza epatica è pertanto consigliabile procedere con cautela al fine di ridurre la dose complessiva dell’anestetico somministrato (3). Analogamente agli esteri, alcuni amidi possono contenere conservanti come sulfiti e metil-parabene, entrambi simili dal punto di vista chimico con il PABA e pertanto possono indurre reazioni allergiche in individui sensibilizzati (2) (4).
In genere, il gruppo degli esteri è più frequentemente implicato nelle reazioni allergiche rispetto al gruppo amidico. Inoltre, gli esteri presentano reazioni di cross-reattività tra i membri del loro stesso gruppo ma non cross-reagiscono con il gruppo degli amidi.
Reazioni avverse da anestetici locali
I farmaci impiegati in anestesia locale sono potenzialmente in grado di provocare reazioni avverse in cui sono coinvolti svariati meccanismi patogenetici che nella maggior parte dei casi sono solo ipotizzabili e non dimostrabili. Queste reazioni si possono dividere in due grandi gruppi: reazioni tossiche e reazioni di ipersensibilità.
Reazioni tossiche
La tossicità degli anestetici locali è in funzione della modalità di somministrazione, del sito di inoculazione (iniezione intravasale accidentale), delle condizioni cliniche del paziente (insufficienza renale o epatica) e sono dose dipendenti. Il rischio delle reazioni tossiche andrebbe pertanto notevolmente ridotto mantenendosi entro i parametri di sicurezza per posologia e tecnica di iniezione (5). I segni di tossicità possono essere rilevanti ed includono agitazione, tremori-convulsioni, bradicardia fino alla depressione miocardia e respiratoria.
E’ noto che i vasocostrittori (adrenalina) vengono frequentemente associati all’anestetico locale allo scopo di prolungare la durata dell’anestesia ischemizzando la zona operatoria. La somministrazione di adrenalina può indurre diversi segni e sintomi: tachicardia, ipertensione, convulsioni, perdita di coscienza. Solitamente questi eventi sono determinati da un’esagerata risposta individuale o da un elevato e rapido passaggio in circolo come in corso di puntura accidentale di un vaso (6).
Molto più frequentemente, in seguito alla somministrazione di un anestetico locale si possono avere manifestazioni cliniche come iperventilazione, nausea, vomito, sudorazione, disorientamento o lieve bradicardia. Questi segni che talvolta mimano le reazioni allergiche, possono rientrare nel gruppo delle reazioni vaso-vagali per attivazione del sistema nervoso autonomo (5)
Le reazioni di ipersensibilità
Nel 1920 Mook descrisse la prima reazione di ipersensibilità allergica ad anestetici locali in un odontoiatra che sviluppò una dermatite eczematosa da contatto delle mani dopo aver utilizzato l’apotesina, un analogo della procaina (1).Le reazioni di ipersensibilità di tipo allergico rappresentano una quota numericamente trascurabile nell’ambito delle reazioni avverse ad anestetici locali che non supera l’1%. Tuttavia, queste reazioni sono clinicamente rilevanti per la loro imprevedibilità e potenziale gravità (7). Le reazioni di ipersensibilità possono essere di due tipi secondo la classificazione di Gell & Coombs: tipo immediato (tipo I) o tipo ritardato (tipo IV).
Le reazioni di tipo I sono mediate dall’ interazione tra anticorpi specifici della classe IgE, prodotti in seguito all’esposizione di un soggetto ad una sostanza esogena (antigene/allergene) di varia natura.. La successiva esposizione del paziente allo stesso allergene determina l’interazione tra due molecole di IgE specifiche ed i recettori ad alta affinità per le IgE (FceRI) presenti a livello della membrana cellulare dei mastociti tessutali e dei basofili circolanti, cellule effettrici primarie delle reazioni allergiche. L’attivazione di queste cellule è caratterizzata da una serie di modificazioni enzimatiche e strutturali intracellulari che inducono il rilascio di istamina, mediatori vasoattivi (leucotrieni, prostaglandine, PAF, triptasi, chimasi etc.), citochine e chemiochine responsabili delle manifestazioni cliniche allergiche (8).
Dal punto di vista clinico il quadro può essere caratterizzato da notevole variabilità ed interessare diversi organi ed apparati. Si possono infatti avere manifestazioni cutanee di tipo orticarioide con comparsa di rush eritemato-pomfoide pruriginoso diffuso che si associa talvolta ad angioedema a carico di uno o più sedi (palpebrale, labiale, linguale etc.). L’apparato respiratorio può essere interessato con sintomi di rinorrea, broncospasmo con difficoltà respiratoria (dispnea) mentre a carico dell’apparato cardiovascolare si può verificare in alcuni casi severa ipotensione. L’anafilassi sistemica rappresenta l’evento clinico più drammatico e potenzialmente letale nell’ambito dell’ipersensibilità immediata. Sebbene le reazioni anafilattiche siano temibili per la loro severità ed imprevedibilità il loro spettro clinico è estremamente variabile (Tab 2)
Tab. 2 Le reazioni anafilattiche
Grado di severità |
Cute |
Apparato Gastrointestinale |
Apparato respiratorio |
Apparato cardiovascolare |
I |
Prurito Orticaria Angioedema |
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II |
Prurito Orticaria Angioedema |
Nausea Dolori Addominali |
Rinorrea Dispnea Raucedine |
Tachicardia Aritmie |
III |
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Shock |
IV |
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Shock Arresto cardio-respiratorio |
Sebbene i bersagli principali dell’anafilassi nell’uomo siano gli apparati cardiovascolare, respiratorio, cutaneo e gastrointestinale, questi possono essere coinvolti singolarmente o in qualsiasi combinazione. Pertanto, è utile comprendere che le manifestazioni cutanee considerate segni clinici “minori” non sempre precedono il coinvolgimento dell’apparato respiratorio o cardiovascolare. In alcuni casi, segni tipici come la tachicardia, considerata spesso caratteristica dell’anafilassi sistemica tanto da consentire la differenziazione clinica con la sincope vaso-vagale, può essere assente.
Le reazioni allergiche decorrono generalmente come evento unico, entro pochi minuti o qualche ora dalla somministrazione del farmaco ma in una piccola percentuale di casi, le manifestazioni cliniche si ripresentano a distanza di alcune ore dall’evento primario o possono avere un decorso prolungato oltre le 24 ore. A volte, alla base di queste manifestazioni cliniche troviamo un meccanismo di tipo pseudo-allergico: esso prevede l’attivazione del sistema del complemento da parte di sostane esogene (farmaci, mezzi di contrasto) o di sostanze endogene (triptasi) con formazione di anafilotossine che possono direttamente indurre la degranulazione delle cellule effettrici primarie (mastociti e basofili) con un quadro clinico indistinguibile da quello delle reazioni allergiche.
Le reazioni di ipersensibilità di tipo ritardato (tipo IV) sono principalmente indotte dal contatto attraverso la cute di anestetici locali con comparsa di lesioni cutanee di tipo eczematoso, spesso a carico delle mani. Queste reazioni, che di solito insorgono a lunga distanza dall’applicazione del farmaco, sono secondarie ad un rilascio di istamina di tipo non-IgE mediato.
Accanto alle reazioni di ipersensibilità all’anestetico locale esistono reazioni determinate dagli eccipienti (conservanti) spesso contenuti nei preparati commerciali come metabisolfiti e parabeni .
Tra i conservanti, i metabisolfiti sono presenti come anti-ossidanti in diverse concentrazioni nelle preparazioni degli anestetici locali contenenti adrenalina. Sono sostanze ampiamente utilizzate nell’industria alimentare, essendo contenuti come additivi in diversi alimenti (vino, birra, succhi di frutta etc.) e distinti dalle sigle E221-E227. Queste sostanze possono provocare reazioni di ipersensibilità di tipo non- IgE mediato rappresentate da rinite, rush, cefalea, broncospasmo, diarrea crampi addominali (10).
I parabeni, oggi scarsamente impiegati, sono utilizzati come conservanti in diverse preparazioni di anestetici locali e possono causare reazioni di ipersensibilità sia del I che del IV tipo. I conservanti più ampiamente utilizzati sono il metilparabene ed il propilparabene e vengono metabolizzati in composti chimici simili strutturalmente al PABA. (4).
La valutazione del paziente con potenziale allergia all’anestetico locale
La corretta valutazione del paziente a rischio di reazioni di ipersensibilità ad anestetici locali e di fondamentale importanza per prevenirne oppure prepararsi adeguatamente ad affrontarne la comparsa.
I soggetti a rischio per reazioni di ipersensibilità agli anestetici locali sono coloro, che durante o nelle ore successive all’anestesia locale hanno presentato una o più delle manifestazioni cliniche sopradescritte. Pertanto, è necessario ottenere un’anamnesi clinica dettagliata che comprende il tipo di anestetico locale utilizzato ed il tipo di reazione avversa pregressa riferita. In taluni casi, in base alla sintomatologia riferita (agitazione, sudorazione, nausea, lieve bradicardia), è già possibile sospettare una reazione di tipo vaso-vagale escludendo pertanto a priori la sensibilizzazione allergica del paziente..
E’ importante sottolineare a questo punto che l’atopia (stato allergico) non rappresenta un fattore di rischio per le reazioni di ipersensibilità a farmaci (11). Ciò significa che un paziente affetto da patologie allergiche come l’asma bronchiale, la rinocongiuntivite allergica, le allergie alimentari, dermatiti atopiche o da contatto, non è più a rischio di andare incontro a reazioni di ipersensibilità a farmaci rispetto ad un paziente non allergico.
Tuttavia, è di fondamentale importanza identificare rapidamente, tra i pazienti a rischio di reazioni di ipersensibilità ad anestetici locali, il paziente affetto da patologie concomitanti (asma bronchiale, cardiopatie etc,) che possono rappresentare di per se o in conseguenza dei farmaci assunti per il loro trattamento, fattori di rischio per la severità di una reazione anafilattica. A tal fine, è opportuno considerare che pazienti in trattamento con farmaci b-bloccanti o ACE-inibitori possono presentare un decorso clinico più severo in corso di reazioni di ipersensibilità ad evoluzione anafilattica. Pertanto, quando il paziente deve essere esposto a stimoli potenzialmente scatenanti può essere opportuno disporre la sospensione di eventuali terapie con b-bloccanti o ACE-inibitori. I pazienti affetti da asma bronchiale o patologie cardiovascolari, devono essere adeguatamente controllati.
Nella diagnostica differenziale delle reazioni di ipersensibilità da anestetici locali deve essere tenuta in considerazione una possibile intolleranza a farmaci o sostanze utilizzate in concomitanza all’anestesia in ambito odontoiatrico, come la clorexidina, la formaldeide, il lattice che possono indurre fenomeni di ipersensibilità anche ad evoluzione severa. Inoltre, per lo stesso motivo, si dovrebbe sempre indagare sui farmaci assunti dal paziente per scopi profilattici o terapeutici (antibiotici, FANS) in previsione dell’intervento odontoiatrico.
Di conseguenza, solo in caso di anamnesi positiva per reazione di ipersensibilità ad un farmaco anestetico locale il paziente deve essere inviato allo specialista allergologo che dovrà provvedere all’esecuzione dei test di tolleranza per identificare l’anestetico locale che potrà essere somministrato al paziente per i successivi interventi.
Nel caso l’AL, causa della reazione, è conosciuto, si dovrebbe considerare per il test di tolleranza un tipo di anestetico di un’altra classe: se per esempio è implicato un estere si dovrebbe utilizzare un’amide. Nel caso sia implicato un AL del gruppo amidico, si deve considerare un estere oppure un altro amide dato che non è stata mai descritta una rilevante cross-reattività tra i gruppi amidici. Le preparazioni utilizzate per i test di tolleranza dovrebbero essere prive di conservanti ed adrenalina che potrebbero modificare significativamente la reattività cutanea.
L’esecuzione del test di tolleranza va effettuato in ambiente ospedaliero con la pronta disponibilità di farmaci per l’emergenza, con le seguenti modalità (12):
1. prick test con farmaco non diluito
2. iniezione intradermica con anestetico diluito in concentrazioni crescenti (1:100, 1:10, 1:1)
3. iniezione sottocute con anestetico locale non diluito in concentrazioni crescenti (0,1 ml, 0,3 ml, 0,5 ml).
Le iniezioni vanno eseguite ogni 15 minuti.
Dopo l’ultima somministrazione il paziente rimane in osservazione per circa due ore.
Ai fini diagnostici, l’esecuzione dei test cutanei e/o test in vitro, in assenza dei test di tolleranza sopradescritti, è stata dimostrata poco attendibile.
E’ importante sottolineare che anche in presenza di un test di tolleranza negativo non si può escludere con assoluta certezza la possibilità di un meccanismo non IgE-mediato . Pertanto, in questi casi, è giustificata la prescrizione di un protocollo di premedicazione in soggetti con test di tolleranza negativi per anestetici locali ma con documentata pregressa reazione allergica o pseudoallergica.
Nella pratica clinica, utilizziamo il seguente protocollo, dimostrato efficace nella riduzione dell’incidenza e della severità delle reazioni da ipersensibilità ad anestetici locali:
48, 24 e 2 ore prima della procedura odontoiatrica:
CETIRIZINA 10 mg (Zirtec® 1 cpr)
RANITIDINA 300 mg (Zantac® 1 cpr)
13, 7 e 1 ora prima della procedura odontoiatrica:
PREDNISONE 25 mg (Deltacortene® 1 cpr)
1 ora dopo la procedura odontoiatrica:
CETIRIZINA 10 mg (Zirtec® 1 cpr)
RANITIDINA 300 mg (Zantac® 1 cpr)
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
I farmaci anestetici locali, dall’epoca della loro introduzione fino ad oggi, hanno rivoluzionato la storia della medicina interventistica.
La loro distinzione in due grandi gruppi, esteri ed amidi avviene in base alle loro caratteristiche strutturali e metaboliche.
Gli esteri, ormai superati, sono maggiormente responsabili di reazioni di ipersensibilità allergica. Gli amidi, attualmente utilizzati, sono farmaci molto ben tollerati e le reazioni di ipersensibilità allergica sono estremamente rare in seguito alla loro somministrazione.
Il problema delle reazioni allergiche agli anestetici locali appare pertanto sovradimensionato nell’opinione odontoiatrica generale ed è causa frequente di ingiustificati astensionismi terapeutici. Un’anamnesi poco accurata, una scarsa conoscenza degli aspetti farmacodinamici e farmacocinetici di questi farmaci e dei meccanismi alla base delle reazioni allergiche agli anestetici locali, fanno spesso individuare una generica “panallergia”. A questi aspetti, si aggiunge una crescente preoccupazione verso le implicazioni medico-legali.
I test di tolleranza effettuati da personale medico specializzato in ambiente nosocomiale rappresentano l’unico presidio diagnostico in grado di garantire sicurezza all’operatore.
I test di tolleranza andrebbero prescritti soltanto a pazienti con storia di pregressa reazione avversa all’anestetico locale.
E’ opportuno ribadire che la miglior terapia delle reazioni di ipersensibilità inclusa l’anafilassi è la prevenzione, e a tal fine è necessario individuare precocemente i soggetti, le situazioni o le manovre a rischio ed instaurare appropriate misure atte a prevenire l’insorgenza o ad attenuare la gravità di una reazione allergica.
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10. Simon RA, Stevenson DD. Adverse reactions to food and drug additives. In Elliot Middleton, JR Charles ER, Elliot FE 1 Franklin Adkinson N, Yunginger JW. Allergy. Principles and practice. 4th Ed, Mosby, St. Louis, 1993.
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12. Società Italiana di Allergologia ed Immunologia Clinica. Memorandum: Diagnostica di allergia a Farmaci. Folia Allergol Immunol Clin 36: 437-56, 1989.
Dr.ssa Caterina Detoraki (Aikaterini Detoraki)
Blog: allergolife.blogspot.it
caterina.detoraki@gmail.com
Medico specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica
Breve profilo
La Dr.ssa Detoraki ha studiato Medicina e Chirurgia presso l’Università di Napoli Federico II, dove ha successivamente conseguito la specializzazione in Allergologia ed Immunologia Clinica.
Nel corso della sua formazione specialistica ha trascorso un breve periodo presso l’Asthma and Allergy Center del Johns Hopkins University, Baltimora (USA), dove ha perfezionato le sue conoscenze nell’ambito delle malattie allergiche ed immuno-mediate.
Negli anni successivi alla specializzazione ha frequentato il Settore delle Patologie Allergiche e Respiratorie del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Napoli Federico II, acquisendo una significativa esperienza clinica nella diagnosi e terapia delle malattie allergiche del bambino.
Relatrice di convegni e congressi nazionali ed internazionali e autrice di numerosi lavori pubblicati su riviste provviste di impact factor, è dal 2008 Dottore di Ricerca in Fisiopatologia Clinica e Medicina Sperimentale (Università di Napoli Federico II).
Attualmente lavora come specialista a contratto presso la Divisione di Allergologia ed Immunologia Clinica, presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli.