Le malattie cardiovascolari comprendono patologie croniche ad eziologia multifattoriale che interessano cuore e vasi sanguigni e rappresentano la principale causa di morte negli U.S.A., in Europa ed in Asia. Di queste, la più importante colpisce le arterie coronarie (coronaropatia) deputate al trasporto di sangue ossigenato al cuore. Queste, a causa del loro piccolo diametro, in caso di ostruzione prolungata del flusso ematico (aterosclerosi), non sono più in grado di apportare ossigeno e nutrienti al miocardio. Il restringimento del lume vascolare per aterosclerosi è provocato dall’accumulo di depositi di colesterolo, esteri del colesterolo, ioni calcio, fibroblasti e cellule del sistema immunitario nel contesto delle pareti vasali. Le placche che ne derivano possono frammentarsi e formare trombi in grado di migrare e occludere distalmente arterie di diametro inferiore provocando necrosi della zona colpita (infarto del miocardio o ictus cerebrale).
Dall’osservazione che ai fattori di rischio noti (ipertensione, diabete mellito, età, alti livelli plasmatici di colesterolo e trigliceridi, fumo, stress, consumo di alcool ecc..) è possibile ricondurre solo i 2/3 dei nuovi casi di malattie cardiovascolari si è mosso l’interesse degli studiosi alla ricerca di nuovi possibili fattori di rischio. Dagli studi condotti negli ultimi decenni emerge che l’infiammazione gioca un ruolo importante nella patogenesi dell’aterosclerosi e che l’instaurarsi di una reazione infiammatoria cronica sistemica aumenta il rischio di accidenti cardiovascolari.
Considerando poi l’esistenza di elementi comuni (età, diabete mellito, stress, fumo) nell’ambito dei fattori di rischio delle malattie cardiovascolari e della malattia parodontale, infiammazione cronica ad eziologia multifattoriale dei tessuti di sostegno del dente, l’attenzione della comunità medica ed odontoiatrica mondiale nell’ultimo decennio si è prestata allo studio di una possibile associazione tra le due patologie.
ASSOCIAZIONE MALATTIE CARDIOVASCOLARI-MALATTIA PARODONTALE
Un’attenta revisione della letteratura suggerisce l’esistenza di un legame tra malattia parodontale e disturbi cardiovascolari che si esprimerebbe attraverso due differenti meccanismi. Il meccanismo diretto consiste nell’ipotesi della traslocazione di batteri patogeni parodontali dai tessuti orali al torrente circolatorio (batteriemia) e da qui a siti distanti in corso di terapia causale o dopo semplice sondaggio parodontale.
A supportare tale ipotesi ci sono la capacità mostrata da P. gingivalis di invadere in colture cellulari la parete endoteliale ed il reperimento di patogeni parodontali nelle placche ateromasiche in preparati ottenuti da endoarterectomia carotidea .
Il meccanismo indiretto fa invece riferimento alla produzione locale di mediatori dell’infiammazione in grado di raggiungere il sistema circolatorio e causare danni vascolari a distanza. Il rilascio di Interleuchine e tumor necrosis factor-a da parte di monociti e cellule endoteliali, dunque, evocherebbe la secrezione epatica di proteine della fase acuta, proteina C reattiva e fibrinogeno, aptoglobina, a-1, antitripsina che possiedono la capacità di favorire la deposizione di lipoproteine a bassa densità e colesterolo lungo le pareti vascolari arteriose, l’aggregazione piastrinica e l’attivazione della cascata della coagulazione con conseguente aumento del rischio trombo genetico.
Tale ipotesi assume maggiore forza se si considera in accordo con l’evidenza scientifica che pone in relazione altre patologie infiammatorie quali LES (Lupus Eritematoso Sistemico) ed artrite reumatoide con un crescente rischio cardiovascolare.
Questo effetto indiretto della malattia parodontale è supportato dall’associazione rinvenuta in diversi studi clinici ed epidemiologici tra tale malattia con elevati livelli plasmatici di proteina C reattiva ed altri biomarkers infiammatori. Studi di coorte e caso-controllo hanno inoltre mostrato un’associazione con la disfunzione endoteliale (la disfunzione endoteliale può influenzare il lento processo di aterogenesi ed in presenza di flogosi acuta può scatenare un evento cardiovascolare acuto), aterosclerosi ed aumento del rischio di malattia del miocardio ed infarto.
STUDIO DI M. TONETTI
Partendo appunto dal presupposto che una reazione infiammatoria sistemica può provocare danni vascolari, il lavoro di Maurizio Tonetti e del suo gruppo di ricercatori pubblicato nel 2007 si è rivolto alla ricerca di questo possibile legame che coinvolgerebbe la malattia parodontale sulla base dell’osservazione degli effetti della terapia causale meccanica sulla funzione endoteliale valutata a distanza di 6 mesi di tempo dall’inizio del trattamento. In tale indagine condotta su 120 pazienti affetti da parodontite grave diffusa (con profondità di sondaggio >6 mm e perdita di osso alveolare marginale >30% a carico del 50 % o più di denti presenti nelle arcate dentarie) vengono misurati prima di cominciare la terapia alcuni parametri quali la funzione endoteliale basata sulla variazione di diametro dell’arteria brachiale durante il flusso (espressa in percentuale, dal livello di riferimento al diametro massimo raggiunto nell’intervallo tra 45 e 75 secondi dopo il rilascio della pressione sanguigna), i biomarkers infiammatori, i markers della coagulazione e l’attivazione endoteliale e poi confrontati con i risultati ottenuti 1, 7, 30, 60 e 180 giorni dopo l’inizio della terapia. Da questo studio sono stati esclusi tutti i pazienti affetti da malattie sistemiche o che abbiano già sofferto di malattie infettive acute o croniche o che abbiano assunto farmaci antibiotici fino a tre mesi prima del reclutamento per la sperimentazione. A tutti sono state fornite appropriate istruzioni di igiene orale e ai pazienti facenti parte del gruppo di controllo viene effettuata la rimozione meccanica del tartaro mediante scaling sopragengivale e polishing. I pazienti appartenenti al gruppo in terapia intensiva sono stati sottoposti a full-mouth disinfection e rimozione sopra e sotto gengivale di tartaro, root planing previa somministrazione di anestesia locale, polishing, estrazione dei denti non recuperabili, posizionamento di microsfere di minociclina nelle tasche parodontali .
RISULTATI DELLO STUDIO DI M. TONETTI
Una chiara riduzione della dilatazione mediata dal flusso e un aumento significativo dei livelli di proteina C reattiva, Interleuchina 6, Selectina-E marker solubile di attivazione endoteliale, fattore di von Willebrand sono stati osservati nel gruppo in terapia intensiva (61 pazienti) già dopo 24 ore dall’inizio del trattamento. Dopo un tempo di 60 giorni e 180 giorni i parametri studiati riferiti al gruppo in terapia intensiva risultano invertiti rispetto al gruppo di controllo. La dilatazione mediata dal flusso è aumentata e i livelli plasmatici di E-selectina solubile sono diminuiti. Il miglioramento della funzione endoteliale osservata dopo 6 mesi dalla terapia parodontale si associa alla riduzione del numero di lesioni parodontali e dei siti con sanguinamento al sondaggio.
CONCLUSIONI
La conclusione di tale studio è che in corso di trattamento parodontale meccanico intensivo, non associato a somministrazione sistemica di farmaci, si scatena una reazione infiammatoria sistemica acuta di breve durata e si verifica un peggioramento temporaneo della funzione endoteliale. Dopo circa 6 mesi dalla terapia, al contrario, insieme al miglioramento della salute orale (riduzione degli indici parodontali) si guadagna un recupero della funzione endoteliale con un aumento della elasticità delle arterie.
Si può dunque affermare l’esistenza di un’associazione diretta tra malattia parodontale non trattata, disfunzione endoteliale e aterosclerosi con conseguente aumento del rischio di malattia del miocardio ed infarto nei pazienti parodontopatici.
Di conseguenza è importante realizzare una cooperazione interdisciplinare con finalità preventive tra cardiologo, odontoiatra e medico internista allo scopo di rendere consapevoli i pazienti dell’esistenza di questa associazione con le patologie cardiovascolari e sottoponendoli alle cure parodontali necessarie.
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